Era stato più di un presentimento, il suo. «Non lasciatela sola con nostro figlio», aveva ripetuto più volte ai giudici e agli assistenti sociali che seguivano la sua delicata situazione familiare, una separazione complessa, con la ex moglie Olena Stasiuk, 55 anni, che in passato era stata in cura presso il Centro di salute mentale e che non si rassegnava al fatto che il bambino fosse stato affidato al padre.
Ma le paure del padre di Giovanni, 9 anni, sgozzato dalla mamma nel tardo pomeriggio di mercoledì, a Muggia, in provincia di Trieste, sono rimasti lettera morta. Anche agli amici il 58enne Paolo Trame aveva confidato i suoi timori per quegli incontri non protetti tra la donna e il figlio al quale aveva cercato invano di opporsi, arrivando persino a prefigurare il peggiore degli scenari: «Lo ammazzerà». Quello che purtroppo è accaduto in una delle prime visite da soli. Solo da alcune settimane il mercoledì Olena e il bambino potevano stare insieme senza la presenza degli assistenti sociali, perché il giudice che stava seguendo la separazione e la consulente del Tribunale avevano ritenuto che le condizioni della donna si fossero stabilizzate e che fosse arrivato il momento di
consentirle di trascorrere più tempo con il figlio, anche senza gli educatori, mentre andava avanti l'iter sull'affido definitivo.
Negli ultimi otto anni di battaglie legali e reciproche accuse, una diversa lettura di alcuni episodi avrebbe forse potuto evitare la tragedia. C'erano state minacce esplicite, ma nessuno gli aveva dato seguito. Come nel luglio del 2018, quando ad Olena venne prospettato il possibile affido esclusivo del bimbo al padre e avvertì gli assistenti sociali: «O Giovanni rimane con me, oppure io sono disposta ad uccidere il bambino, a uccidere me, buttandomi nel mare, e a uccidere anche Paolo». A raccontarlo in un'intervista a SkyTg24 è l'avvocato del papà, Gigliola Bridda, che più volte negli anni ha espresso dubbi al Tribunale civile di Trieste sull'equilibrio psichico della donna. Il 58enne era preoccupato per l'incolumità del figlio e lo aveva detto chiaramente a chi seguiva la vicenda: «La mia ex moglie può arrivare a ucciderlo. Perché ho visto quello che capitava a casa».
Inquietante l'episodio del giugno 2023, quando il bambino era finito in pronto soccorso con lividi sul collo e a una mascella perché la mamma aveva cercato di strozzarlo. Da quel momento in poi il Tribunale stabilì che le visite avvenissero soltanto in forma protetta, fino allo scorso aprile quando la psicologa, dopo vari confronti e incontri con tutte le parti in causa, suggerì che il piccolo vivesse con il padre ma aumentasse la frequentazione con la madre, da sola o in presenza
di educatori e assistenti sociali. «Forse nell'ottica della genitorialità si è voluto dare fiducia a una madre», puntualizza l'avvocato Bridda, senza nascondere che forse «sono stati sottovalutati segnali». Tanto che a breve verrà inviata al ministero della Giustizia una relazione su quella decisione del Tribunale civile di Trieste. La perizia psichiatrica che era stata chiesta, non è stata mai fatta. Forse si farà ora. L'avvocato Chiara Valente, che assiste la 55enne accusata di omicidio volontario pluriaggravato, ha annunciato che chiederà una valutazione clinica psichiatrica sulla capacità di partecipare al processo per la sua cliente. Ieri intanto la donna non ha potuto partecipare all'udienza di convalida del fermo perché è ancora ricoverata in ospedale: mercoledì dopo aver tagliato la gola al figlio avrebbe tentato il suicidio.
Il direttore del centro di salute mentale, Massimo Semenzin, ha spiegato che Olena Stasiuk aveva
cominciato «un percorso nel 2017 ed era stata visitata più volte dopo la problematica separazione dal marito»: «Aveva soprattutto disturbi da ansia. È stata seguita fino al 2023, poi è stata concordata una interruzione».