“Io non ho paura. È solo che sono pressato da queste cose. Io non ho niente di cui aver paura. Glielo dico e glielo sottoscrivo. Poi ne parleremo: io non c’entro niente. Sto vivendo, mi creda, un incubo”. E quanto afferma l'ex fidanzato di Manuela Murgia: l'uomo, ieri intervistato da Filomena Rorro per “Chi l'ha visto?”, è attualmente indagato per omicidio volontario.
Il caso di Manuela Murgia, scomparsa a 16 anni da Is Mirrionis in provincia di Cagliari, ritrovata cadavere nel canyon di Tuvixeddu il 4 febbraio 1995, è stato di recente aperto, dopo due archiviazioni nel tempo per suicidio. Oggi però gli inquirenti ritengono che si tratti di omicidio. Ha chiarito alla trasmissione di Raitre il nuovo medico legale Roberto De Montis: “Una caduta da 35 metri, così come stabilito dall’ingegnere forense e con una velocità di impatto di 50 chilometri orari avrebbe, a mio giudizio, comportato delle lesioni ben più gravi”.
L'autopsia aveva stabilito che Murgia era morta tra le 18 e le 20 del giorno stesso della scomparsa, il 4 febbraio. Quella mattina lei era in casa, ma era uscita due volte ed era stata avvistata da alcune vicine, che avevano riferito che fosse loro apparsa in attesa di qualcuno. Un'altra vicina, il giorno dopo la scomparsa, era andata in questura a riferire di aver visto la 16enne a bordo di un'automobile blu, con una sfumatura molto particolare, quasi un colore metallizzato.
L'ex fidanzato era molto più grande di lei, ma a suo dire erano stati soltanto per un mese insieme e all'epoca della scomparsa si erano lasciati da un paio di settimane. Tuttavia l’automobile, sulla quale la vicina avrebbe visto Manuela Murgia, apparterrebbe a un cugino dell’indagato. Quest'ultimo ha confermato a “Chi l’ha visto?” la proprietà dell'auto e anche la marca, Peugeot, aggiungendo però di non sapere chi potesse essere quel giorno alla guida.
L'uomo è parso collaborativo, spiegando che si sottoporrà al test del Dna: sono state infatti ritrovate 18 tracce biologiche maschili sui vestiti di Murgia, vestiti fortunatamente ben conservati in un Istituto di medicina legale pericolante. Qualora tuttavia il confronto del Dna dovesse dare esito negativo, l'indagine l'inchiesta potrebbe portare a nuovi eventuali indagati. Le tracce biologiche sono state rinvenute sul fermaglio per capelli, sul reggiseno, sul maglione, su gli stivaletti, sui jeans, sul giubbotto e sugli slip della giovane. “Hanno già il profilo maschile di chi si è avvicinato a Manuela. Adesso si tratta di sapere chi è quel soggetto con quel profilo genetico”, ha chiosato l’avvocato Bachisio Mele.
I dettagli insoliti su questo caso sono tantissimi: in primis il fatto che la morte della giovane sia stata precedentemente archiviata come suicidio, ma il corpo non presenti fratture compatibili con la caduta. I vestiti di Murgia erano puliti, con l'eccezione degli stivaletti sporchi solo sulle punte. La cintura aveva perso la fibbia ed era stata spezzata sui fianchi, indizio forse di un’avvenuta violenza sessuale, o comunque di un tentativo di stupro. La giovane presentava inoltre lesioni sulla schiena, macchie di unto sulla fronte e tracce ematiche su jeans slip. Nel suo stomaco sono stati trovati resti di un pasto a base di semolino o minestrina. Suoi oggetti personali sono stati rinvenuti a 156 metri dal luogo del ritrovamento del corpo.
Manca all'appello il diario di Manuela Murgia, portato via degli inquirenti nelle primissime indagini. Su quelle pagine la 16enne scriveva qualunque cosa, anche del fidanzato, la cui relazione sarebbe iniziata bene, ma poi la giovane, osservata più volte piangere inconsolabilmente, era stata convinta dalla madre a mettere fine al rapporto in maniera serena.
La madre, a propria volta insieme con una delle sorelle, aveva trovato nella sua stanza di Manuela, nel lampadario, delle banconote per un totale di 50 o 100mila lire, senza mai riuscire a risalire alla loro provenienza.