Spioni, sesso e regali. I guai di Venditti

Le parole dei carabinieri infedeli. E l'Audi comprata dalla società di intercettazioni

Spioni, sesso e regali. I guai di Venditti
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Mario Venditti, ex procuratore della Repubblica a Pavia, sapeva di essere indagato già dalla primavera scorsa. Quando il 5 marzo il Giornale aveva raccontato dell'inchiesta a suo carico da parte della Procura di Brescia, Venditti aveva minacciato querele, ma intanto aveva anche chiesto conferma, attraverso i suoi legali, ai pm bresciani. E ne aveva avuto la conferma, compreso il reato ipotizzato: «Preferisco non dire di che reato si tratta», dice ai microfoni di Ore14 il suo legale Domenico Aiello. Ma le carte di quella inchiesta, anch'esse anticipate dal Giornale, fanno irruzione sulla scena della nuova indagine a carico di Venditti: quella per corruzione in atti giudiziari, per avere prima addormentato e poi soppressa l'inchiesta-bis sul delitto di Garlasco, aiutando il nuovo indagato Andrea Sempio a dribblare le accuse. La prima e la seconda inchiesta su Venditti convergono in un solo affresco, dove la nuova gestione della Procura di Pavia ricostruisce passo per passo anni di gestione oscura delle inchieste nella città affacciata sul Ticino.

Alla base della indagine su Venditti ci sono le dichiarazioni di accusa che un nugolo di carabinieri pavesi hanno reso dopo l'arresto di due dei loro commilitoni più in vista: il maresciallo Antonio Scoppetta e il colonnello Maurizio Pappalardo. Anche per salvarsi, hanno raccontato quanto accadeva sotto i loro occhi da anni. La parte più rilevante è sicuramente quella che riguarda i rapporti tra Venditti e la società di intercettazioni di fiducia del procuratore, la Esitel. Dietro la Esitel ci sono i fratelli Cristiano e Raffaele D'Arena, non un nome da poco: sono i due figli di Agostino D'Arena, per decenni maresciallo del Ros di Milano, uomo di fiducia di magistrati importanti come Armando Spataro. I figli di «Ago» D'Arena hanno messo su una loro ditta di intercettazioni, cui Venditti dava molto da lavorare già quando era a Milano, e che a Pavia è diventata praticamente monopolista. Il carabiniere Pietro Picone e il suo collega Antonio Rosciano raccontano di incontri conviviali cui partecipano Venditti, Scoppetta, Pappalardo e anche il maresciallo Silvio Sapone, recentemente perquisito nell'inchiesta bis su Garlasco, nel ristorante dei D'Arena. Ora emerge sui media che i D'Arena possiedono anche una società di noleggio auto da cui la Procura all'epoca di Venditti prende in affitto una fiammante Audi Q5 per gli spostamenti di servizio. Il valore dell'auto viene indicato in 54mila euro, ma per i tre anni di noleggio i D'Arena incassano dalla Procura di Venditti ben 85.876 euro: dopodiché l'auto viene venduta per 20mila euro proprio a Venditti. Un vortice di soldi e di favori che alla fine si innesca direttamente sul giallo di Garlasco. Perché quando parte l'indagine bis sull'uccisione di Chiara Poggi sono proprio i D'Arena a mettere le microspie nell'auto della famiglia Sempio, realizzando le intercettazioni che il loro amico Sapone, attraverso il suo collega Spoto, avrebbe poi edulcorato, omissando dai brogliacci tutti i riferimenti alla tangente versata dalla famiglia dell'indagato in cambio della archiviazione dell'indagine. I D'Arena, poi Sapone, poi Venditti: le intercettazioni su Garlasco restano nelle mani dello stesso circuito.

Sullo sfondo, anche storie di

sesso: come la stanza d'albergo che Scoppetta avrebbe usato a prezzo di favore per passare qualche ora d'affetto con una pm della Procura. Ma questo, alla fine, è forse il peccato più veniale, nel grumo di segreti di Pavia.

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