
Quando ieri i carabinieri lo hanno trovato, nella sua macchina nascosta in un uliveto tra alcune balle di fieno, Salvatore Ocone non ha opposto resistenza. Poi in caserma ha confessato al procuratore di Benevento, Gianfranco Scarfò, di aver ucciso la moglie Elisabetta Polcino con una grossa pietra mentre era a letto perché era «aggressiva e autoritaria». Sempre in casa, ha usato la stessa pietra per uccidere il figlio più piccolo, Cosimo, di 15 anni, e per ridurre in fin di vita la sorella Antonia, 16 anni, sorpresa anche lei nel sonno, per poi trascinare i ragazzi con sé in una folle fuga in macchina durata dodici ore tra la Campania e il Molise: da Paupisi, piccolo paese nel Sannio in provincia di Benevento, teatro della tragedia, fino alle porte di Campobasso, dove il killer è stato intercettato. Ora Ocone è in carcere accusato di duplice omicidio aggravato, tentato omicidio e sequestro di persona. La figlia sopravvissuta alla furia è ricoverata in prognosi riservata a Pozzilli (Isernia) dopo essere stata sottoposta a un delicato intervento chirurgico per il grave trauma cranico riportato nella violenta aggressione.
È stata una parente della vittima a trovare il corpo della 49enne martedì mattina a pancia in giù, con il cranio rotto, in una posizione che lasciava pensare che l'aggressione fosse avvenuta mentre stava dormendo. I carabinieri intervenuti si sono subito resi conto che anche i ragazzi erano stati colpiti in casa, perché le tracce di sangue non sono state trovate solo in camera della madre, ma anche in quella di uno di loro, oltre che nel salone all'ingresso e nei pressi dell'auto dell'uomo. La folla fuga con i figli moribondi a bordo è finita verso le 18 di ieri quando l'elicottero dei carabinieri ha individuato la Opel Mokka in località Ponte Rotto, tra Mirabello Sannitico e Ferrazzano. Il territorio impervio ha convinto il pilota ad effettuare un atterraggio di emergenza in un'area pianeggiante poco distante, senza aspettare l'arrivo di una pattuglia. Dopo essere atterrati i militari si sono diretti verso la macchina e hanno immobilizzato Ocone, che si è fatto ammanettare senza reagire. Sul sedile posteriore, come si temeva, c'erano i due figli: Cosimo era già morto, la sorella aveva la testa spaccata, ma era ancora viva. È stata sottoposta a un delicato intervento di neurochirurgia ed è in coma farmacologico. I medici hanno spiegato che è necessario attendere alcuni giorni per consentire al cervello di sgonfiarsi per poter valutare gli esiti neurologici. Durante l'interrogatorio l'agricoltore ha confessato, parlando - come ha spiegato il procuratore di Benevento, Gianfranco Scarfò in conferenza stampa - di dinamiche familiari conflittuali, in particolare un atteggiamento a suo dire di aggressività e di dominazione da parte della moglie nei suoi confronti e nei confronti del contesto familiare.
Il 58enne soffriva di psicosi cronica e nel 2011 era stato sottoposto a Tso. In paese tutti sapevano degli strani comportamenti dell'uomo, come quando si denudò in piazza o quando durante le crisi si andava a rifugiare in chiesa. Ma la sua patologia non era mai sfociata in atti di violenza e nel contesto familiare non c'erano mai stati episodi denunciati di maltrattamenti. Ora verrà valutata la sua capacità di intendere e di volere.
L'autopsia sui corpi della donna e del ragazzo permetterà di chiarire in particolare l'ora della morte di quest'ultimo ai fini della ricostruzione dell'accaduto. Il terzo fratello, Mario Ocone, 24 anni, scampato alla strage perché vive e lavora a Rimini, si è precipitato al capezzale della sorella, incredulo per quello che ha fatto il padre: «Non so se lo perdonerò».