Willy Branchi, ucciso 36 anni fa: "Non si vuole che esca la verità"

Il 18enne di Goro (Ferrara) fu assassinato nel 1988. Un uomo finì a processo per l'omicidio, ma fu assolto. I familiari del ragazzo hanno installato quattro caselle postali per raccogliere segnalazioni anonime, una è sparita: "Chi sa parli"

Willy Branchi, ucciso 36 anni fa: "Non si vuole che esca la verità"
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Sono passati 36 anni dall'omicidio di Willy Branchi, il 18enne ucciso a Goro (Ferrara) nell'estate del 1988. Eppure nella piccola cittadina emiliana c'è chi ancora si ostina a parlare di "un incidente": un oltraggio alla memoria della vittima. L'ennesimo sfregio c'è stato pochi giorni fa, quando è stata rimossa una delle cassette postali installate dai familiari del ragazzo per raccogliere segnalazioni di eventuali testimoni della barbarie. Perché l'assassino del giovane, uno o forse più, non è mai stato identificato. "Non si vuole che si sappia la verità", è la voce che corre tra le stradine silenziose del paese, noto soprattutto per la coltivazione delle vongole.

L'omicidio

Il corpo martoriato del povero Willy - Vilfrido Luciano Branchi all'anagrafe - fu trovato all'alba del 30 settembre 1988 sotto l'argine del fiume Po, a Goro. Accanto al cadavere, completamente nudo, c'era solo un portafoglio vuoto. Il giovane, come accertò successivamente l'autopsia, venne ucciso con un fucile per abbattere i maiali. Aveva lividi dappertutto e un foro sotto lo zigmo sinistro. I segni di una barbarie inenarrabile.

Il processo

Una sola persona venne processata per l'omicidio, il pluripregiudicato Valerio Forzati, passato in rassegna alle cronache come "il lupo di Mesola" per aver ucciso quattro persone nel night club ferrarese "Laguna blu". Per l'assassinio di Willy fu però assolto. Fuggito all'estero, il killer finì poi per essere ammazzato in Argentina. Il caso fu riaperto nel 2014, grazie alle parole di un sacerdote. Il prelato fu condannato per calunnia in primo grado e assolto in appello. Oggi gli indagati per l'assassinio di Willy sono tre, in due distinti filoni di indagine, mentre per altre otto persone si profila il reato di calunnia. La pista seguita dagli inquirenti è stata da sempre quella dei festini pedofili.

Le cassette della posta

Nel 2015 il fratello di Willy, Luca Branchi, ricevette una lettera anonima - 74 righe scritte in stampatello e recapitate a casa del destinatario all'interno di una busta affrancata - che si concentrava sulla figura di un 60enne con una sfilza di precedenti penali. Un personaggio che, a detta del mittente, era ritenuto "pericoloso". Da qui l'idea di investigatori e familiari di installare quattro cassette postali a Goro per ricevere segnalazioni "anche in forma anonima" da parte di eventuali testimoni. Sta di fatto che, nei giorni scorsi, una di queste cassette è stata rimossa. "Un episodio molto grave – dice a Il Giorno l’avvocato Simone Bianchi, per la famiglia di Willy –, evidentemente abbiamo toccato un tasto ancora molto dolente nonostante tutto il tempo trascorso dalla morte di Vilfrido. Pensare che la sola sua immagine possa generare preoccupazione in alcune persone, è paradossale".

L'appello del fratello di Willy

Nonostante l'ennesimo tentativo di ostacolare la ricerca della verità, i familiari di Willy auspicano di imprimere all'inchiesta la svolta definitiva, ormai a un passo. "Mettete dentro le buchette – è l’appello di Luca agli abitanti di Goro – ciò che volete, purché sia utile all’indagine.

Questa è l’ennesima, forse ultima, possibilità per tutta la comunità di dimostrare da che parte sta: vuole bene alla famiglia Branchi e soprattutto a Willy, o vuole continuare a vivere nel torpore, nella menzogna, nell’omertà, restando per sempre marchiata come quella che ha volutamente nascondere i colpevoli dell’omicidio di un ragazzino? Ai miei concittadini la scelta".

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