Dopo 70 anni ha senso una "norma transitoria"?

Dopo 70 anni ha senso una "norma transitoria"?

Chi «ha fatto il saluto romano sarà denunciato», ha tuonato ieri il neo prefetto di Milano, anzi la neo prefetta Luciana Lamorgese già capo di gabinetto al ministero con Alfano e Minniti. E c'è da star sicuri che con loro i giudici non useranno la stessa clemenza esercitata con altre categorie meno facili da condannare, anche se c'è già una sentenza della Cassazione che non considera reato il braccio teso nella commemorazione di un defunto (nel caso era Sergio Ramelli). Perché ai Palazzi non è proprio andato giù il «me ne frego» con cui in più di mille hanno violato il divieto di ricordare al cimitero i militi della Repubblica sociale e i tanti cittadini uccisi dai partigiani nei sanguinosi regolamenti di conti seguiti al 25 aprile e oltre 3mila sono stati quelli che in serata hanno ricordato Ramelli, Enrico Pedenovi e Carlo Borsani con messa, concerto e corone. «Siano denunciati», ha chiesto con fermezza anche il sindaco Giuseppe Sala mentre votava alle primarie del Pd, ma rivelandosi meno fermo nel suo ostinarsi a tener segreta la preferenza. Come ci fosse da vergognarsi.

Le indagini, ha assicurato ossequiente il questore Marcello Cardona, sono state avviate «immediatamente e con il massimo rigore». E staremo a vedere se altrettanto pugno di ferro il trio saprà dimostrare oggi, quando centri sociali e no global devasteranno Milano nella tradizionale «Mayday Parade». Ogni anno il Giornale ha denunciato le violenze con articoli e foto, ma mai nessuno di questi sinceri democratici ha ricevuto la benché minima condanna. Fosse politica o penale.

Una doppia morale che trova il suo formale fondamento nella Costituzione che vieta la ricostituzione di un partito fascista. Ma allora tra tanto parlare di pacificazione, dopo le parole di un comunista doc come Luciano Violante e la storiografia anche di sinistra che ha riconosciuto lo status di «guerra civile», forse è arrivato il momento di aprire un dibattito su quelle norme. Un confronto franco su quella Dodicesima disposizione transitoria e finale che poteva avere senso ad armi ancora fumanti, ma che oltre settant'anni dopo meriterebbe forse una riconsiderazione. Soprattutto se nessuno può oggi nemmeno immaginare la rinascita di un partito fascista e il suo uso si limita ormai alla sola negazione della manifestazione di un pensiero o molto più speso di un semplice ricordo. Cosa che in tutto il mondo non si ritrova in nessuno Stato che si proclami democratico. Come se negli Stati uniti fosse vietato sventolare la bandiera sudista o in Francia fossero vietate le cerimonie in ricordo di Vichy. In Germania che pur porta nella carne le conseguenze di quegli anni esiste il reato di negazionismo, ma non c'è nessun accanimento con le poco più che folcloristiche formazioni neonaziste. Lo stesso accade negli Usa dove è concessa libera circolazione ai nazisti dell'Illinois sbaragliati dai Blues brothers e dove negli anni '50 nacque addirittura un Partito nazista americano. Che evidentemente non fece molta strada. Tornando alla Germania, la Corte suprema federale ha deciso di non mettere fuorilegge il Partito nazionaldemocratico perché secondo la Costituzione un movimento può essere vietato solo se è in condizione di «nuocere al libero ordine democratico».

Una dimostrazione di forza, non di debolezza andrebbe spiegato alla presidente Laura Boldrini che ieri ha chiesto una legge contro la propaganda fascista. Le idee (essendone capaci) si combattono con le idee, non con il carcere

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