Cronache

Dopo la neve e il terremoto, l'Abruzzo prova a ripartire

Qualcuno ha perso casa, quasi tutti i capannoni. Ora l'economia deve ripartire

Dopo la neve e il terremoto, l'Abruzzo prova a ripartire

Nei comuni e soprattutto nelle frazioni colpite dal terremoto e dal maltempo, passati i giorni di piena emergenza, si contano i danni. Nelle zone di Arsita e Bisenti, nel teramano, gli abitanti ricordano quando non si riusciva nemmeno ad uscire di casa per la neve, e quanto sia stato difficile affrontare il terremoto sperando che le abitazioni reggessero, perché non c’era la possibilità di uscire all’aperto, e spesso nemmeno di comunicare a causa dell’interruzione delle linee elettriche.

Anche dove non ci sono stati crolli, spesso sono comparse nuove lesioni nei muri, nei pavimenti, sui tetti. La maggior parte delle chiamate che continuano ad arrivare ai Vigili del Fuoco, trascorsi i momenti più drammatici, riguarda i controlli sulla stabilità di case e condomini, su crepe che prima non c’erano, su nuove infiltrazioni d’acqua. Nella maggior parte dei casi si tratta “solo” di tegole da sistemare e non di problemi strutturali, ma alcune famiglie sono state costrette ad abbandonare le proprie case.
Quasi tutti, nelle frazioni in particolare, hanno perso i capannoni con gli attrezzi, se non peggio, con il bestiame. E ora pensano a quanto ci vorrà per rimettere in piedi un’economia che conta molto sull’agricoltura e l’allevamento.

“L’importante è essere vivi – racconta una donna che vive poco lontano da Bisenti – tutto il resto di fronte alle vite umane conta poco”. Soprattutto quando sai di aver scampato un grosso pericolo, com’è successo a lei e a sua suocera novantenne, bloccate in casa dalla neve durante il terremoto. L’unico danno che l’abitazione ha subito è stato il crollo del comignolo, che ora penzola dal terrazzo in attesa di capire come fare per rimuoverlo. “Non stiamo comunque dormendo qui, per il momento – dice la donna – perché la camera da letto si è allagata e il generatore funziona solo poche ore al giorno. Veniamo quotidianamente a tenere pulito il viale d’ingresso, spostando quanta più neve è possibile dai muri, ma prima che si sciolga tutta potrebbero passare anche dei mesi”.

C’è chi invece è rientrato a casa perché non voleva lasciare soli e senza cibo i suoi animali, nonostante il Comune avesse previsto l’evacuazione in un hotel sulla costa, a Roseto. “Non ce l’ho fatta – dice l’uomo – appena è stato possibile sono tornato, qui c’è tanto da lavorare”.

Nella zona di Campotosto invece la gente parla della diga, e del presunto allarme sulla sua tenuta in caso di un’eventuale nuova e forte scossa. Nell’unico bar di Aprati, a pochi chilometri, c’è chi dice che si stia facendo eccessivo allarmismo, e chi invece ha paura.

“Certo è che stiamo scherzando troppo con la natura – commenta un signore del posto – noi montanari siamo abituati a fronteggiare queste condizioni climatiche, e non dobbiamo scordare che qui si parla di eventi naturali, lo è la neve e purtroppo anche il terremoto, non prevedibile, ma siamo noi che non dobbiamo imparare a conviverci, prima di piangere le disgrazie.

Spero solo che ci sia un futuro per questi piccoli borghi, che non meritano di scomparire”.

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