Via l'onorificenza al dittatore rosso. E i comunisti insorgono

Dopo la revoca dell’onorificenza italiana a Tito in un comune veneziano, i comunisti sono insorti

Via l'onorificenza al dittatore rosso. E i comunisti insorgono

E noi che credevamo che fossero cambiati. Invece. Invece non cambiano mai. Dopo la notizia che il comune di San Donà di Piave ha revocato l’onorificenza italiana a Tito, raccontata dal Giornale.it, i comunisti del Veneto Orientale si sono indignati e hanno protocollato una lettera aperta indirizzandola ai sindaci dei comuni di San Donà di Piave e Portogruaro (Venezia), ai presidenti dei consigli comunali, ai consiglieri comunali e ai cittadini.

“Qualche doverosa osservazione da parte dei comunisti del Veneto orientale”, comincia la risibile lettera.

“In qualità di Comunisti del Veneto Orientale - scrivono - facciamo pervenire l'indignazione e la preoccupazione rispetto alla mozione votata nei vostri consigli comunali che invoca la revoca dell'Onorificenza della Gran Croce al Merito della Repubblica Italiana al Presidente della Jugoslavia Josif Broz Tito assegnata nel lontano 1969”

La loro preoccupazione sembrerebbe quella che in un periodo come questo, non si trovi nulla di meglio da fare che revocare l’onorificenza al maresciallo Tito, così, come se la storia potesse essere cancellata perché essendoci il covid, allora sembra che nulla abbia più significato.

“Siamo certi che i giovani - continuano - non sappiano neppure chi sia stato Tito perché i libri di storia non ne parlano, eppure egli è stato un Resistente, un valoroso combattente partigiano che ha sconfitto il nazifascismo nel suo paese e in Europa, diventando a fine guerra, il Presidente della Repubblica di Jugoslavia”.

Che i giovani non sappiano chi sia Tito tra l’altro, ci possiamo anche credere, dato che l’Italia ha intitolato le vie a un dittatore sanguinario e dato che i giovani non sanno nemmeno cosa siano le foibe, perché fino a pochi anni fa di foibe, nei libri di scuola non c’era traccia, se non una riga, tra le note, e di foibe a scuola era impossibile parlare, visto che per anni si è tenuta una bella coperta sopra questi crimini.

Una coperta che piano piano, grazie all’aiuto anche di giornalisti coraggiosi, amanti della verità, è stata sollevata e scoperchiata, facendo uscire una serie di crimini orribili e inimmaginabili.

“Ci chiediamo - continua la lettera - e vi chiediamo quale sia il motivo di tanto accanimento da parte dei neofascisti nostrani e non solo. Va detto che fascisti, neonazisti, partiti di centro destra e di centrosinistra, ammucchiati in questa antistorica e revisionistica crociata, non si accontentano di avere a disposizione il giorno del ricordo, diventato per magia giorno del ricordo "esclusivo" dei martiri delle foibe, voluto da Berlusconi, da Gianfranco Fini, e perfino da qualche parlamentare del centrosinistra dell'epoca, per sdoganare i fascisti che da lì a breve sarebbero entrati a fare parte del governo del paese.. (...) In tutta questa farsa a farne le spese è il povero Tito, morto 40 anni fa...”.

Vi risparmiamo il resto, la lettera finisce con un patetico invito alla coerenza, al rispetto dei resistenti, dei partigiani, e all’indignazione del fatto che il comune di San Donà di Piave che ha revocato l’onorificenza sia a traino del Pd.

“Questi scrivono delle cose assurde - commenta il consigliere comunale Simone Cereser che ha proposto

l’ordine del giorno con cui è stata revocata l’onorificenza - lo definiscono “povero Tito”. Non hanno nemmeno letto l’ordine del giorno”.

Già. E noi che credevamo che avessero capito. La storia evidentemente non insegna niente.

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