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"Addio emergenza solo con il pass"

Il premier Draghi tira dritto e "respinge" i sindacati: no alla proroga, solo con la carta verde si supera l'emergenza. Si alla linea dura per i cortei "non statici

"Addio emergenza solo con il pass"

Nessun ripensamento e zero concessioni. La linea di Mario Draghi resta quella tracciata nel decreto dello scorso 21 settembre che da oggi impone l'obbligo del green pass in tutti i luoghi di lavoro. Con buona pace di chi ancora ieri auspicava un rinvio alla fine di ottobre o sollecitava una riflessione sui tamponi, caldeggiando un ulteriore abbassamento del prezzo già calmierato oppure un credito d'imposta per le imprese, così che possano detrarre il costo del test per i dipendenti non vaccinati.

Il premier, in verità, non pare aver valutato più di tanto soluzioni di compromesso, nella convinzione - questo il senso delle sue riflessioni - che qualunque concessione alla linea della fermezza non farebbe altro che allontanare il Paese dall'uscita dall'emergenza sanitaria. Rallentare adesso, insomma, sarebbe un errore. E lo dimostrano anche i dati della struttura commissariale guidata dal generale Francesco Figliuolo, che dopo il primo via libera al certificato verde in Consiglio dei ministri (era il 16 settembre) ha calcolato un incremento del 46% di prime dosi di vaccino. Di qui la scelta di tirare dritto, con la consapevolezza che si va incontro a giornate che possono essere complicate ma guardando all'obbiettivo finale: arrivare al 90% di vaccinati e uscire finalmente dal tunnel della pandemia.

Tanto è deciso, l'ex numero uno della Bce, che a Palazzo Chigi la giornata è sostanzialmente dedicata al decreto fiscale (che dovrebbe andare in Consiglio dei ministri oggi) e al Documento programmatico di bilancio che prelude la manovra (attesa in Cdm lunedì). E persino quando nel tardo pomeriggio si presenta in cabina di regia, Draghi sceglie volutamente di non dire una sola parola sul tema green pass o tamponi. Nonostante i riflettori siano tutti puntati sul D-Day di oggi e sul rischio di agitazioni di piazza, il presidente del Consiglio - con una certa sorpresa dei ministri capi delegazione presenti - si dedica esclusivamente a fisco e manovra. D'altra parte, quello è il tema della riunione, cui non a caso partecipano il titolare dell'Economia Daniele Franco, accompagnato dal viceministro Laura Castelli e dai due sottosegretari del Mef. Al momento, dunque, il governo conferma la linea dura. Nonostante il pressing dei sindacati, che in mattinata avevano incontrato Draghi a Palazzo Chigi. Nel faccia a faccia, infatti, i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil - Maurizio Landini, Luigi Sbarra e Pierpaolo Bombardieri - avevano sollecitato sia un rinvio dell'entrata in vigore dell'obbligo di green pass sia una riflessione sui tamponi. E proprio su quest'ultimo punto erano convinti che il premier avesse mostrato qualche margine di disponibilità. Chissà, quindi, che il tema non possa essere trattato nel Consiglio dei ministri di oggi pomeriggio, anche perché a chiedere un prezzo calmierato non sono solo i sindacati ma anche diversi esponenti della maggioranza: da Matto Salvini a Giuseppe Conte, passando per il ministro dem del Lavoro, Andrea Orlando. Ma oggi i riflettori saranno puntati soprattutto sulle piazze. Draghi, infatti, non vuole ripetere gli errori e le sottovalutazioni di sabato scorso. Sarà quindi rafforzata la prevenzione e la vigilanza del territorio e degli obiettivi sensibili (compresi i luoghi istituzionali), ma soprattutto verrà archiviata la linea «non interventista» seguita fino a ora dal Viminale. In caso di manifestazioni cosiddette «non statiche», dunque, non ci sarà alcuna tolleranza, perché quello che è successo a Roma con l'assalto alla sede nazionale della Cgil non può e non deve ripetersi. Ma più della giornata di oggi - che comunque non si annuncia facile - a preoccupare Palazzo Chigi e il ministero dell'Interno è soprattutto quella di domani.

Quando a Roma sfilerà la manifestazione antifascista organizzata da Cgil, Cisl e Uil.

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