Adesso le banche sono salve Matteo resta col cerino in mano

Quest'anno il Pil chiuderà con il terzo segno positivo consecutivo, dopo i tre anni precedenti che, invece, erano stati tutti negativi. La crescita è progressiva: dallo 0,8% del 2015, allo 0,9% del 2016, all'1% (appena rivisto al rialzo dall'Istat) atteso per fine anno. È in questo quadro che ieri, nell'assemblea dei banchieri italiani, proprio nelle ore in cui la Camera approvava il decreto che ha salvato le banche venete, è andata in onda la celebrazione dell'inizio di una nuova era.

Per l'occasione si erano riuniti tutti (...)

(...) quelli che in questo passaggio hanno qualcosa da vantare. Il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, fiero del Pil e di quei 20 miliardi di soldi pubblici con i quali ha salvato le banche; il governatore di Bankitalia Ignazio Visco, che a soli quattro mesi dalla scadenza e dal possibile rinnovo del suo mandato ha l'occasione per uscire immacolato dal tunnel; il presidente dell'Abi Antonio Patuelli, padrone di casa, che si può addirittura permettere di chiedere che ora i banchieri responsabili paghino il conto.

Nel giro di pochi mesi è cambiato tutto. Grazie soprattutto alla ripresa di cui sopra, che già dalla primavera si era capito essere più forte del previsto e che per la prima volta da sette anni pare superiore a uno «zero virgola». Padoan lo ha ribadito: «Siamo a un punto di svolta all'origine del quale c'è la ripresa economica». Mentre Visco ha aggiunto la parte di sua competenza, parlando di «dissoluzione dei rischi per la tenuta del sistema bancario». Forte del salvataggio, in extremis, sia del Montepaschi, sia di Vneto Banca e Popolare Vicenza.

Mancavano, non previsti dal cerimoniale, il premier Paolo Gentiloni e il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Ma era come se ci fossero: il primo in forza di capo del governo con il quale il Pil torna a marciare e le banche si sono salvate dalle forche caudine del bail in; il secondo perché, in perfetto stile quirinalizio, non ha mai fatto mancare il suo riservato sostegno al governo, alla linea Padoan e allo stesso Visco, di cui il presidente sarebbe il primo tifoso per la prossima conferma.

Ecco allora che proprio in questo giorno magico, in cui tutto tornava al suo posto, con la Borsa di Milano che chiudeva a +1,5% e a più 10% dall'inizio dell'anno trainata proprio dalle banche, quello che succedeva al Maxxi di Roma, 4 chilometri più a nord dell'Abi, è apparso a dir poco stridente: nella presentazione del suo libro Avanti alla stampa, l'ex premier e attuale segretario del Pd Matteo Renzi attaccava Bankitalia e, indirettamente, il suo governatore Visco.

Dopo avere ricordato che per il suo governo il dossier bancario è stato fin da subito tra i più spinosi, Renzi dice che «ci affidammo quasi totalmente alle valutazioni e considerazioni della Banca d'Italia, rispettosi della sua solida tradizione. E questo è il nostro errore, che pagheremo assai caro dal punto di vista della reputazione più che della sostanza». Meglio sarebbe stato avere «un team ad hoc, nostro».

Quindi l'ex premier sceglie di riaprire le ferite bancarie proprio nel giorno in cui, tra Palazzo Altieri e Montecitorio, si sono rimarginate. E torna ad attaccare Visco proprio quando il governatore è tornato in sella più saldo che mai. Ecco allora che l'impressione, accentuata dalla quasi incredibile coincidenza di eventi, è quella di un leader sempre più isolato. Che rimugina su problemi bancari ormai più personali (il caso «reputazionale» è quello di Banca Etruria) che non reali. Nutrendo propositi bellicosi per futuri improbabili ribaltoni. Una posizione lontana dalla realtà.

Certo, non si può dire che i problemi del Pil e delle banche italiane siano come d'incanto tutti risolti; e che il prezzo da pagare non sia stato comunque molto elevato. Ma parimenti va riconosciuto a Gentiloni-Padoan, per sorte o per bravura, di avere invertito la rotta.

Mentre ci pare che Avanti guardi un po' troppo indietro.

Marcello Zacché

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