Roma - C’erano gli esperti dei nucleo investigativo di Milano e mediatori di primo livello del Gis. Stavano arrivando anche le teste di cuoio pronte a intervenire con la forza per scrivere la parola «fine» sul sequestro all’Agenzia delle entrate. Invece è bastata l’intelligenza di un vice brigadiere dei carabinieri della stazione di Romano di Lombardia per risolvere la situazione. Roberto Lorini, 28 anni di servizio, ha puntato sulla sua esperienza e da giovedì è l’«eroe della porta accanto».
Lui, dopo una vita passata con orgoglio nell’Arma,non avrebbe mai pensato di ricevere addirittura la telefonata del comandante generale, Leonardo Gallitelli, che si è complimentato con lui. Così la cena due sere fa gli è rimasta sullo stomaco, ma questa volta per l’emozione, non per la paura. Sì, perché Lorini ha avuto anche il coraggio di ammettere di aver tremato davanti a quello sconosciuto, armato di un fucile a pompa carico e con uno zainetto con due pistole e cento munizioni. «Tutto quello che è successo nelle ultime ore è incredibile - racconta il vice brigadiere- Ho avuto paura fin dal primo momento, un conto è immaginarsi una cosa del genere, un conto è trovarsela davanti ».L’umanità,proprio questa,è stata la forza del militare, che si è calato nei panni del disperato che aveva davanti. «Luigi Martinelli era una persona arrabbiata e basta », confida candidamente Lorini, che non è stato costretto a disfarsi della pistola mentre era con il sequestratore.
Anzi, gli ha passato anche la consorte al telefono. «Sì, a un certo punto ho esagerato - ha detto - Scherzando gli ho detto “se arrivo tardi chi lo dice a mia moglie?”. Così ho pensato di chiamarla e passargliela.Lei era all’oscuro di tutto,non capiva. Ecco, capita anche questo alla moglie di un carabiniere. Ma lei ha spiegato a Martinelli che siamo tutti umani. In fondo si tratta solo di questo».Poi è entrato in simpatia con l’imprenditore e gli ha parlato per ore e ore di cose normali, di problemi della vita, dei figli perché era sicuro di avere davanti un «uomo qualunque», forse trattato in«malo modo»,sicuramente così disperato da scatenare l’Inferno, senza nemmeno rendersene conto.«Ho capito che quell’uomo era una persona semplice e gli ho anche parlato in dialetto - racconta Lorini - Gli ho fatto capire che non valeva la pena di prendersela con noi. Lui avrebbe voluto parlare con il presidente del Consiglio Mario Monti e avrebbe voluto lì la tv. Ma l’attenzione dei media l’aveva già ottenuta. Gli ho anche detto che io, lui e l’ostaggio eravamo tre amici e lo saremmo rimasti per sempre. Alla fine si è fidato, ha ceduto le armi e si è fatto ammanettare. È andato tutto bene: questo è quello che conta».
Ora per il vice brigadiere eroe c’è un encomio in arrivo. Ma per lui quello che conta di più, oltre al fatto che tutto sia finito bene, è la chiamata del comandante generale dell’Arma.
«Gallitelli mi ha anche detto di ringraziare la mia famiglia per i sacrifici cui è costretta e per il tempo che noi dedichiamo all’Arma e togliamo loro. Ma io vesto questa uniforme da quasi 30 anni e ne sono orgoglioso ». Già, i familiari di questi eroi metropolitani sopportano tutto e sono speciali.Almeno quanto loro.
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