Cronache

Appendino rischia il carcere, la svolta sui fatti di piazza San Carlo

Richiesta condanna di 1 anno e 8 mesi. Le accuse sono disastro, omicidio e lesioni colpose. Per il pm Appendino avrebbe potuto impedire la mattanza

Appendino rischia il carcere, la svolta sui fatti di piazza San Carlo

Torino, piazza San Carlo, 3 giugno 2017. Il maxi schermo proietta la finale di Champions League tra Juventus e Real Madrid. I tifosi sono assiepati sotto lo schermo. A un certo punto qualcosa scatena il panico, la folla fugge in massa e si schiaccia contro le transenne. Bilancio: oltre 1500 feriti e due morti. Tre anni dopo, arriva la svolta. La sindaca di Torino Chiara Appendino imputata nel processo per i fatti di piazza San Carlo, ora rischia una condanna a 1 anno 8 mesi. È quanto richiesto nel corso dell'udienza preliminare dal pm Vincenzo Pacileo, titolare dell'inchiesta sull'accertamento di responsabilità e omissioni nell'organizzazione della manifestazione.

Le accuse contro Appendino

I capi di imputazione sono disastro, omicidio e lesioni colpose. Con la sindaca, difesa dagli avvocati Luigi Chiappero ed Enrico Cairo, sono imputati l'allora questore di Torino, Angelo Sanna, l'ex capo di gabinetto della prima cittadina, Paolo Giordana, Maurizio Montagnese, ex presidente di Turismo Torino, ente incaricato di organizzare l'evento di piazza e l'architetto Enrico Bertoletti, incaricato di progettare l'allestimento. Per loro il pm ha chiesto rispettivamente un anno e 8 mesi per l'ex questore Sanna, 2 anni per Giordana, un anno e 7 mesi per Montagnese, 3 anni e 6 mesi per Bertoletti. Tutti hanno scelto di essere giudicati con il rito abbreviato.

La banda dello spray urticante

Quella sera, a scatenare il fuggi fuggi generale degli spettatori ammassati sotto il maxischermo era stato uno spruzzo di spray urticante. Un espediente usato da un gruppo di ragazzini per racimolare qualche collanina d’oro. Ma, poi, le cose non vanno come previsto e oltre 1500 persone rimangono ferite e due donne muoiono, Erika Pioletti deceduta una decina di giorni dopo e Marisa D'Amato, rimasta tetraplegica e deceduta nel gennaio 2019. Una rapina in piena regola per cui i ragazzini di origine magrebina sono stati condannati con il rito abbreviato a dieci anni di carcere.

Le omissioni che inchiodano la sindaca

Ma, la responsabilità, sostiene la procura, è anche di chi quella manifestazione l'ha organizzata. Mancava un provvedimento per un afflusso ordinato del pubblico e per evitare il tappeto di bottiglie di vetro. Le misure di sicurezza non c'erano. L'area era stata blindata dalle transenne senza prevedere delle vie d'uscita. E proprio sulle transenne si erano poi schiacciati gli spettatori in fuga. La ricostruzione del pubblico ministero Vincenzo Pacileo è chiara: la sindaca Appendino avrebbe dovuto annullare la manifestazione e "il grosso limite è stato quello di fare tutto in fretta, ciascuno ha pensato di dover fare solo un pezzetto di quello che invece era un'opera collettiva". L'autorizzazione, si legge nel capo di imputazione, è stata concessa senza "che fosse stato preventivamente acquisito il parere obbligatorio e vincolante della Commissione provinciale di vigilanza come previsto dal Tulps e necessario a verificare le condizioni di sicurezza per l’incolumità pubblica".

Dura la reazione dell'avvocato difensore della prima cittadina Luigi Chiappero: "È una richiesta che non mi aspettavo, stiamo andando su un territorio dove organizzare una manifestazione può diventare un problema, non vorrei che alla fine passasse il principio che è meglio non fare più nulla".

Prossima udienza il 25 novembre con l'intervento delle parti civili.

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