Guerra in Ucraina

Appoggio convinto e dubbi legittimi

A volte anche personaggi autorevoli come il capogruppo del Ppe al Parlamento di Strasburgo, Manfred Weber, commettono errori o scadono in polemiche inopportune specie se il tema è una guerra

Appoggio convinto e dubbi legittimi

A volte anche personaggi autorevoli come il capogruppo del Ppe al Parlamento di Strasburgo, Manfred Weber, commettono errori o scadono in polemiche inopportune specie se il tema è una guerra. Annullare con un tweet un vertice a Napoli per le parole di Silvio Berlusconi sull'Ucraina fa non solo un torto al Cavaliere, ma anche a Forza Italia e al nostro Paese. Perché più delle parole contano i fatti e, in questo caso, i fatti sono tutti da una parte. Non c'è un atto del Parlamento di Strasburgo in favore di Kiev che non abbia avuto il voto degli azzurri, come pure tutti i provvedimenti presi in appoggio a Kiev - da quelli diplomatici agli aiuti militari ed economici - prima dal governo Draghi e ora dal governo Meloni hanno avuto il consenso di Forza Italia. E Forza Italia non è altro che Silvio Berlusconi.

Di più: senza questa maggioranza di governo, di cui gli azzurri sono parte integrante, non ci sarebbe una coalizione pronta ad appoggiare, ad esempio, le forniture militari. Perché, come si sa, a quell'alternativa di sinistra verrebbero a mancare i voti dei grillini. Un dato su cui sia Weber, sia il governo di Kiev dovrebbero riflettere. Come pure il capogruppo del Ppe dovrebbe ben sapere che l'Italia è il Paese europeo, insieme alla Germania, che ha pagato di più le conseguenze dell'embargo alla Russia, visto che ha una vocazione essenzialmente manifatturiera per cui i costi dell'energia incidono non poco sulla sua economia. Se poi si sta appresso più alle parole che ai fatti, non va dimenticato che domenica scorsa, a poche ore dalle parole pronunciate davanti ad un seggio elettorale che hanno provocato la polemica, Berlusconi disse al Giornale: «Non sto dalla parte di Putin».

La polemica di Weber, oltre ad essere inappropriata, offre però anche l'occasione per una riflessione. Il Giornale è sempre stato dalla parte dell'Ucraina senza «se» e senza «ma». Ha condannato senza mezzi termini la condotta di Putin e ha appoggiato senza riserve la fornitura di armi a Kiev. Questo non toglie, però, che non sia solo legittimo ma addirittura utile interrogarsi su quali possano essere le vie d'uscita da una guerra che ha già provocato centinaia di migliaia di morti su entrambi i fronti, ha raso al suolo interi territori nel cuore dell'Europa e può trasformarsi in un'apocalisse nucleare. Anzi, sarebbe irresponsabile non farlo, per cui se Berlusconi invoca una tregua, immagina un piano Marshall per l'Ucraina e chiede con un tweet un tavolo per la pace al Ppe, ne ha tutto il diritto. Anzi, svolge una funzione virtuosa.

Appoggiare Zelensky non significa smettere di pensare. E un confronto su questi temi può anche tenere unite le opinioni pubbliche occidentali che di dubbi ne nutrono non pochi, se si pensa che in Italia secondo i sondaggi il 63% dei cittadini non condivide il nostro approccio alla guerra e negli Stati Uniti in pochi mesi i favorevoli alla linea di Biden sull'argomento sono passati dal 70% al 48%. Sono dati su cui dovrebbero meditare tutti quelli, in primis Weber, che hanno a cuore il destino dell'Ucraina.

Con un'ulteriore postilla: credere, obbedire, combattere è un lessico adatto ai regimi totalitari come quello russo, non certo alle democrazie occidentali.

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