Arcelor Mittal, è sciopero degli autotrasportatori e delle aziende dell'indotto

I dipendenti dell'indotto ed i trasportatori che lavorano per lo stabilimento siderurgico di Taranto chiedono a Mittal il pagamento delle fatture: "Così non possiamo andare più avanti"

Arcelor Mittal, è sciopero degli autotrasportatori e delle aziende dell'indotto

È stato definito un "presidio rispettoso" lo sciopero degli autotrasportatori e di alcune aziende dell'indotto a Taranto davanti all'ex Ilva. C'è chi tra loro ha paura di parlare davanti alle telecamere "per ripercussioni all'interno dell'azienda, è già successo in passato". Ma sono fuori alla portineria C della fabbrica, l'ingresso per i camion che trasportano le materie prime utilizzate nella produzione del più grande stabilimento siderurgico d'Europa. Autotrasportatori e lavoratori dell'indotto protestano insieme per i crediti vantati nei confronti dei gestori di Arcelor Mittal. Presenti anche le forze dell'ordine temendo ripercussioni per l'ordine pubblico. A far visita al sit-in anche il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, il presidente di Confindustria Taranto, Antonio Marinaro, il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, i sindaci di alcuni Comuni della provincia ed il presidente della provincia Giovanni Gugliotti. Il presidio andrà avanti finché non si avranno risposte concrete da Arcelor Mittal.

"Il presidente Michele Emiliano ha proposto di utilizzare un fondo regionale di un miliardo e mezzo di euro per pagare le nostre fatture" ha dichiarato Giacinto Fallone, autotrasportatore, continuando "Se dovesse essere autorizzata dal Governo, la Regione Puglia diventerebbe creditore nei confronti di Arcelor Mittal, noi speriamo che questo possa accadere anche se, onestamente, ci credo poco." Ormai sono disillusi, non sanno più a chi credere e a quale promessa credere gli autotrasportatori e i titolari delle aziende dell'indotto che chiedono i pagamenti che aspettano da tempo.

"Ci sono 50milioni di euro che non sono ancora stati pagati da Arcelor Mittal e noi senza quegli incassi non possiamo portare avanti le nostre aziende nè assolvere i nostri compiti nei confronti dei dipendenti" ha dichiarato a IlGiornale.it Mariagrazia Franzoso, titolare di una delle aziende che lavorano nell'indotto dello stabilimento ex Ilva. "Come prima cosa chiediamo che vengano pagate le nostre fatture scadute e poi che qualcuno prenda a cuore la situazione di Taranto, non riusciamo a capire se questo stabilimento avrà un futuro. Ma se non ci pagano noi ce ne andremo" ha dichiarato un altro autotrasportatore.

Tanti i camion fuori allo stabilimento di Taranto, affissa sui mezzi pesanti una sola frase: "Anche l'acciaio può essere vita se la fabbrica è pulita. Rispetto delle regole, rispetto per il lavoro!". Esposti al loro interno immagini della Madonna e di San Pio a cui i trasportatori si rivolgono nei momenti di sconforto.

"Ognuno di noi ha un malato di tumore a casa, ma abbiamo bisogno di lavorare" conclude un dipendente dell'indotto.

Così, il nodo gordiano che stritola la città di Taranto e vede ambiente e salute dei cittadini e dei dipendenti dello stabilimento siderurgico da un lato e la questione occupazionale dall'altro, non sembra comunque sciolto malgrado il passaggio della fabbrica ad Arcelor Mittal.

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