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Missile per uccidere Salvini, il gip: "Pezzo d'arredamento"

Armi obsolete e inoffensive, il missile Matra è identificabile con un oggetto di arredo. Così il giudice ha smontato la tesi della minaccia terroristica

Missile per uccidere Salvini, il gip: "Pezzo d'arredamento"

È stata archiviata l'indagine relativa ad alcuni gruppi connessi all'estrema destra avviata nel 2019 dalla procura della Repubblica di Torino: a suscitare particolare clamore in quel caso fu il missile aria aria Matra, trovato insieme ad altre armi, che secondo Matteo Salvini sarebbe stato destinato proprio a lui. Un oggetto ora giudicato alla stregua di un complemento d'arredo.

Il giudice di Milano Roberto Creparli, dichiarando chiusa l'indagine partita in seguito al blitz anti-terrorismo del 15 luglio 2019, ha reputato il missile inoffensivo oltre che particolarmente obsoleto. Già nel corso delle investigazioni sulla vicenda gli inquirenti avevano messo fortemente in dubbio la serietà del pericolo terroristico: non solo il missile Matra (definito esplicitamente dal giudice un "bizzarro complemento d'arredo"), ma anche le altre armi sequestrate dalle forze dell'ordine durante le perquisizioni sarebbero state obsolete e quindi oramai inoffensive. Tutti, quindi, oggetti perfetti per decorare un appartamento.

L'allarme su una presunta minaccia terroristica era stato lanciato da Salvini, allora ministro dell'Interno, il quale, su segnalazione di un ex agente del Kgb, temeva un attentato da parte di un gruppo di nazionalisti ucraini. "Era una delle tante minacce di morte che mi arrivano ogni giorno", dichiarò allora il titolare del Viminale. "I servizi segreti parlavano di un gruppo ucraino che attentava alla mia vita. Sono contento sia servito a scoprire l’arsenale di qualche demente. Penso di non aver mai fatto niente di male agli ucraini, ma abbiamo inoltrato la segnalazione e non era un mitomane. Non conosco filonazisti. E sono contento quando beccano filo-nazisti, filo-comunisti o filo chiunque", concluse.

Da Torino, l'indagine si spostò allora prima a Pavia e quindi a Milano, consentendo il fermo dell'ex ispettore delle Dogane ed ex candidato in Senato per Forza Nuova Fabio Del Bergiolo (intenzionato ad acquistare il Matra per 470mila euro) e dei due custodi dell'hangar dove il missile era custodito. Questi ultimi hanno sempre professato la propria innocenza, sostenendo di non essere i proprietari dell'arma ma dei semplici custodi per conto di un collezionista (anche lui successivamente indagato).

La sentenza

Il giudice Crepaldi ha deciso di accogliere la richiesta di archiviazione presentata dal pm Isabella Samek Lodovici. A seguito di una perizia sulle armi è infatti risultato che il Matra, "pur originariamente classificabile come arma da guerra, sia stato sottoposto a procedure di disattivazione in altro Paese, all'esito delle quali lo stesso ha perso tutto l'enorme potenziale bellico ed è divenuto del tutto inidoneo a recare offesa alla persona, nonché insuscettibile di ripristino. Il missile", ribadisce il giudice, come riportato da Repubblica, "è divenuto oramai un mero simulacro vuoto e, contrariamente a quanto millantato da alcuni degli indagati, assume un valore solo quale (forse bizzarro) complemento d'arredo".

Come anticipato, il giudizio di inoffesività è stato esteso anche ai contenitori lanciarazzi risalenti agli anni '60 e '80, rinvenuti, peraltro, privi di munizioni. L'unica arma confiscata e quindi distrutta è risultato essere un lanciarazzi.

"Piena stima e fiducia nella magistratura milanese", ha dichiarato uno dei legali degli accusati, "che dopo il trasferimento dell'indagine da Torino a Pavia, ha accertato come la vicenda non avesse nulla di penalmente rilevante".

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