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Gli asini continuano a non volare

Mario Draghi sta dicendo a tutti i suoi più assidui frequentatori che questa è la sua ultima volta a Palazzo Chigi.

Gli asini continuano a non volare

C'è una notizia che è rimbalzata nel Palazzo e ha messo le ali all'istinto di sopravvivenza e alla fantasia: Mario Draghi sta dicendo a tutti i suoi più assidui frequentatori che questa è la sua ultima volta a Palazzo Chigi, non ha nessuna intenzione di guidare un altro governo nella prossima legislatura qualunque sia il risultato delle elezioni. «Sono deluso ed irritato», sono le parole con cui accompagna la sua confessione. Ha messo al corrente dei suoi propositi anche l'amico Giancarlo Giorgetti, che ha un'unica speranza: «Se gli Stati Uniti e l'Europa gli chiederanno di restare, come farà Mario a dirgli di no?». Ma, appunto, si tratta di una speranza. Per cui quelli che puntavano su una riedizione del governo del Dragone hanno cominciato a fare altri calcoli.

I sostenitori del «partito di Draghi senza Draghi», in poche parole i ministeriali di ogni partito, si sono resi conto, ad esempio, che non si può giocare una partita se viene a mancare il simbolo della squadra e magari pure la maglietta. Ma, soprattutto, azzarda ragionamenti diversi il partito che più di altri stava investendo sull'attuale premier per il futuro, cioè il Pd.

Così c'è chi è ricorso, appunto, alla fantasia. Non per mandarla al potere secondo gli slogan dei giovani sessantottini, ma per restare al potere. Ne sono scaturiti progetti arditi (come quello che ha la firma degli opinionisti del Corriere) di un'alleanza tra Pd e Fratelli d'Italia in nome dell'atlantismo e magari con l'aiutino di una nuova legge elettorale proporzionale. Ora, immaginare che la Meloni possa accettare un'idea simile è come credere agli asini che volano: la leader di Fratelli d'Italia ha come bussola la coerenza e da un anno e mezzo rimprovera agli alleati del centrodestra di stare al governo con Letta. Ergo, se prendesse quella strada perderebbe in 24 ore i tre quarti dei voti che i sondaggi le assegnano. Più o meno quello che è successo a Matteo Salvini. Per cui anche in questa occasione gli asini continueranno a non volare.

Messa da parte la fantasia, è rimasto solo l'istinto di sopravvivenza. E sono tornate di moda le vecchie alleanze con le loro contraddizioni. Per risolvere i loro problemi di comunicazione e di coesistenza, ad esempio, Enrico Letta e Giuseppe Conte hanno deciso di sperimentare in Sicilia le primarie di coalizione per la scelta del candidato a governatore. Un modo per gettare il cuore oltre l'ostacolo. I problemi si ripresenteranno - e saranno guai grossi in politica estera ed economica - semmai questo schieramento dovesse vincere le elezioni. E probabilmente l'istinto di sopravvivenza farà ritrovare il senno pure al centrodestra, magari partendo proprio dalla Sicilia. Qui i contrasti non riguardano tanto le politiche (Salvini pone la questione della pace in Ucraina a parole, ma a differenza di Conte non ha mai chiesto un nuovo voto in Parlamento sulle armi a Kiev) quanto i posti e i ruoli.

Un male antico del centrodestra.

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