Coronavirus

AstraZeneca non più per tutti? Età e limiti: chi non può farlo

Il ministro della Salute Speranza sarebbe favorevole a rivedere le categorie, ma l’ultima parola spetta all’Aifa

AstraZeneca non più per tutti? Età e limiti: chi non può farlo

Anche l’Italia si starebbe ponendo il problema di cosa fare con il vaccino prodotto da AstraZeneca, proprio in questo mese che viene visto come fondamentale per l’accelerazione della campagna vaccinale. Il rischio è quello di dover ripensare alla strategia fino a questo momento messa in campo. Intanto anche le forniture continuano a ritardare, per il 12 aprile AstraZeneca farà avere all’Italia la metà delle dosi concordate. Per esempio, nel Lazio 15mila invece delle 30mila già considerate poche. L’azienda farmaceutica avrebbe comunque promesso di recuperare i ritardi nei giorni successivi, con malumore delle Regioni che in questo modo hanno detto di non riuscire a organizzare una campagna vaccinale efficiente. La speranza è che arrivino più dosi da Pfizer. Poche probabilità invece di vedere arrivare il vaccino russo Sputnik V, dato che i produttori avrebbero chiesto agli ispettori di Ema di rimandare a maggio la loro visita agli stabilimenti. Visita senza la quale non può essere autorizzato il vaccino.

Limitazioni in tutta Europa

La decisione di fissare un limite di età arriverebbe dall’osservazione che i casi di trombosi venosa cerebrale, con calo del numero delle piastrine e un aumento della proteina d-dimero, si registrano soprattutto tra i soggetti vaccinati under 60, e in particolare nelle donne, dopo circa 4-16 giorni dall’inoculazione. Il punto sulle limitazioni era già emerso qualche giorno fa come raccontato da ilGiornale lo scorso 4 aprile. Gli esperti dell'Ema avevano iniziato ad ammettere che l'associazione, prima incerta, era ormai diventata molto probabile, tanto da portare verosimilmente a una nuova correzione del bugiardino, facendo rientrare la trombosi cerebrale tra gli eventi avversi. Il vaccino prodotto da AstraZeneca, prima dato agli under 55, come aveva ipotizzato ilGiornale potrebbe adesso venire riservato agli over 60. Considerando che le trombosi venose cerebrali colpiscono soprattutto le donne giovani, una delle categorie in cui il virus fa meno vittime, il rapporto tra rischi e benefici in questo caso non sarebbe così netto. Forse tra giovedì e venerdì l’Ema farà sapere qualcosa di più. Intanto ha reso noto che le persone colpite sono circa una ogni 100mila vaccinati sotto i 60 anni di età. Le vittime sono invece 1 su 3. Probabilmente ogni Nazione deciderà da sola cosa fare, in base alla pandemia nazionale e al numero di vaccini disponibili. Per intenderci, nei Paesi dove i numeri non sono così alti, come nel Nord Europa, i governi potrebbero decidere per il blocco delle somministrazioni. Germania, Francia continueranno a limitare il farmaco, e forse anche l’Italia prenderà questa decisione. Diverso discorso per l’Europa dell’Est che non sembra avere l’intenzione di limitare le vaccinazioni per fascia di età.

AstraZeneca solo per gli over 60?

Come sottolineato da Il Messaggero, l’Italia non è messa benissimo riguardo la quantità di dosi disponibili e l’idea di limitare AstraZeneca solo agli over 60 creerebbe effettivamente qualche problema, se non altro per il fatto che andrebbe ripensata tutta la campagna vaccinale. Tra l’altro, coloro che fino a questo momento hanno usufruito del vaccino prodotto dall’azienda anglo-svedese sono proprio i più giovani, ovvero di età inferiore ai 60 anni, come docenti e forze dell’ordine. Se l’Ema dovesse confermare che vi è un collegamento tra il vaccino e le rare forme di trombosi che si sono verificate soprattutto in donne under 50, anche l’Italia potrebbe seguire la decisione della Germania di limitare la somministrazione agli over 60. Si parla comunque di una incidenza molto bassa che riguarda casi di trombosi cerebrali dei seni venosi e un basso numero di piastrine. Il fatto che vi siano altri vaccini da poter utilizzare fa andare con i piedi di piombo ed è lecito pensare di limitare l’uso di AstraZeneca agli over 60. L’ultima parola spetterà comunque all’Aifa, l’Agenzia del farmaco, che è in attesa dell’istruttoria del comitato Prac di Ema, l’agenzia europea del farmaco.

Armando Genazzani, professore ordinario di Farmacologia all'Università del Piemonte Orientale e rappresentante italiano nel Comitato per l'approvazione dei farmaci dell'Ema, ha spiegato a La Stampa, che “entro mercoledì si concluderanno gli approfondimenti sui rarissimi casi di trombosi cerebrale che hanno colpito soprattutto giovani donne. È plausibile che questi eventi abbiano una correlazione con AstraZeneca. Ciò non toglie che il rapporto rischi-benefici resti positivo e che in una situazione di scarsità si possa dare a tutti, anche se l'ideale sarebbe escludere le donne under 55”. L’Ema suggerirà ai vari Paesi di decidere in base alla quantità di vaccini che hanno a disposizione e alla loro situazione pandemica nazionale. Il professore ha tenuto però a sottolineare che il rischio è molto basso, e che in caso contrario il vaccino non sarebbe stato approvato. Ma questi effetti collaterali rarissimi si possono scoprire solo dopo la vaccinazione di massa. Il problema adesso è che i vaccini sono pochi e non si può tanto scegliere. Tra l’altro, anche per quanto riguarda il vaccino Janssen di Johnson&Johnson, non è detto che non si avranno gli stessi effetti collaterali. Anche in quel caso si saprà con il tempo: “Lo scopriremo solo dopo che sarà stato usato su 20 milioni di persone come AstraZeneca. Un farmaco ha sempre benefici, rischi e incertezze. E alcune componenti cambiano strada facendo”.

Marco Cavaleri, responsabile della strategia sui vaccini di Ema, ha spiegato a Il Messaggero che ci vuole ancora tempo perché il percorso di valutazione venga concluso. Questa settimana verranno date delle definizioni preliminari, ma difficilmente si arriverà a indicare dei limiti di età come hanno fatto vari Paesi, tra i quali la Germania e l’Olanda. “Noi invece decidiamo su quel singolo vaccino. Certo, sarebbe preferibile che vi fosse una posizione univoca a livello europea. Ma non è semplice. Soprattutto non dimentichiamo che il peso del Covid è differente nei vari Paesi: in Italia muoiono ancora 500 persone al giorno, in Norvegia quasi nessuno. Questi fattori giustificano approcci differenti” ha precisato Cavaleri, che ha anche affermato come sia ormai chiaro che ci sia una associazione tra i casi di trombosi e il vaccino. E il motivo è semplice: “Tra i vaccinati c'è un numero di casi di trombosi cerebrali con carenza piastrinica tra persone giovani superiore a quello che ci aspetteremmo. Questo lo dovremo dire”.

Nessuna terapia preventiva

Purtroppo non sembra neanche possibile utilizzare una terapia preventiva visto che, come spiegato dall’esperto, di fronte a carenza piastrinica e trombosi, certi farmaci potrebbero anche peggiorare la situazione. Anche perché non è ancora chiaro quale sia il meccanismo, e se è legato al vettore virale. Di certo c’è solo che al momento si parla di eventi molto rari, e che il rapporto rischi-benefici continua a essere favorevole all'utilizzo del vaccino anti-Covid. In Italia muoiono in media quotidianamente 400-500 persone per questa malattia e altre 200-300 vengono ricoverate in terapia intensiva. Ieri un avvocato 45enne è stato ricoverato in gravissime condizioni al Policlinico di Messina, per una trombosi dopo aver ricevuto qualche settimana il vaccino di AstraZeneca. Il Comitato per la sicurezza di Ema, la settimana scorsa aveva annunciato che “sulla base di tutti i dati attualmente disponibili il comitato di farmacovigilanza dell'Agenzia europea del farmaco Ema, il Prac, dovrebbe emettere una raccomandazione aggiornata sul vaccino anti-Covid di AstraZeneca durante la sua riunione plenaria di aprile, in programma dal 6 al 9”. Ci sarà da capire se questi casi, anche se rari, possano essere riconducibili al farmaco AstraZeneca o alla tipologia dei vaccini a vettore virale, come anche quello della Johnson & Johnson.

Cosa succede con la seconda dose?

In Germania la Commissione vaccinale permanente ha consigliato agli under 60 che hanno già ricevuto la prima dose di AstraZeneca di ricorrere a un vaccino diverso, Pfizer o Moderna, per il richiamo. La seconda dose viene inoculata dopo 12 settiamane e in Italia interesserebbe quindi milioni di persone. Sembra però che il ministero della Salute ritenga che non vi siano abbastanza dati certi sull’efficacia di due vaccini diversi somministrati nello stesso paziente. C’è anche da dire che questa direzione potrebbe aumentare ancora di più i timori in coloro che devono fare la prima dose. Da una parte c’è La Gran Bretagna che sta usando il vaccino per tutti, senza limiti di età e sembra avere ottimi risultati. Dall’altra ci sono però Germania, Canada, Norvegia, Olanda e Danimarca che hanno deciso di riservare AstraZeneca solo agli over 60 o addirittura di sospenderlo. Channel 4 News ha rivelato però ieri che anche il Regno Unito starebbe pensando se inserire un limite di età, escludendo i soggetti più giovani. Il Financial Times ha spiegato che “l'agenzia regolatoria del Regno Unito ha annunciato di aver identificato altri 25 casi, portando a 30 il numero di eventi della rara condizione in Gran Bretagna, su un totale di 18,1 milioni di persone che hanno ricevuto AstraZeneca, circa uno su 600mila. L'Agenzia ha dichiarato sono stati sette i morti”. In Norvegia 6 casi su 120mila, in Germania 31 su 2,7 milioni. Secondo gli esperti tedeschi di solito l'incidenza di questi eventi (senza vaccinazioni) è di 3 ogni 100mila persone in un anno, i 31 su 2,7 milioni si sono verificati in due mesi.

Remuzzi: “Meglio un altro per gli under 50”

Giuseppe Remuzzi, direttore dell'istituto di ricerca farmacologiche Mario Negri, intervenendo ad "Agorà" su Raitre ha affermato che “in generale AstraZeneca funziona benissimo per tutte le categorie di persone e protegge nella malattia grave al 100%, anche sopra i 60 anni, ma esiste un problema piccolo nelle dimensioni ma reale: questo vaccino nelle persone che hanno tra i 20 e i 50 anni, per il 90% donne, può indurre una forma rarissima di trombosi del seno venoso cerebrale". Ha però spiegato che si tratta di una malattia nuova, anche se simile ad alcune malattie rare. “Adesso che si conosce è possibile una diagnosi precoce, in laboratorio, ed è possibile curarla ma non in tutti gli ospedali: ecco perchè quella fascia d'età, se ci fossero vaccini a disposizione, secondo me dovrebbe essere protetta da AstraZeneca".

In poche parole, è straordinariamente positivo il rapporto tra i rischi e i benefici e si tratta di casi rarissimi, poche decine contro decine di milioni di vaccinazioni, ma se vi è una alternativa, dovrebbe essere usata per quella categoria di soggetti.

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