Economia

Aziende contro il governo: l'urlo parte da Milano

Aziende contro il governo: l'urlo parte da Milano

«Non si guida un Paese da un balcone o da una spiaggia». In questa frase - forse la più forte della relazione che il presidente di Assolombarda Carlo Bonomi ha ieri letto di fronte all'assemblea generale della sua associazione - c'è molto, se non tutto, dello scoramento degli imprenditori italiani. E non solo di quelli di Milano o del Nord. Ma di un'intera categoria sociale ed economica. Di fronte al presidente del Consiglio Giuseppe Conte, pur senza mai citarli, Bonomi ha picchiato duro sui due azionisti del precedente governo gialloverde. Sul balcone, ad annunciare la fine della povertà, c'era Luigi Di Maio un anno fa; mentre le spiagge sono state il terreno di Matteo Salvini fino a soli due mesi addietro. E se un attacco al Movimento da parte degli imprenditori, bersagliati e accusati di ogni infamia, non sorprende affatto, diverso è il caso della staffilata tirata alla Lega e al suo Capitano. Soprattutto se questa arriva dal numero uno dell'Associazione degli industriali di Milano, la più grande d'Italia, simbolo dell'intero Nord industriale e dunque del bacino politico e sociale più vicino alla Lega; come si è visto alle ultime elezioni politiche e da anni si vede per la maggioranza delle amministrazioni locali. Eppure Bonomi non ha sbagliato perché alla frase sul Papeete è seguito, dalla platea e dai palchi della Scala, il più lungo e partecipato dei 14 applausi che hanno interrotto la sua oretta di relazione. E questo è il punto: non c'è una critica ad alcun colore politico nelle parole di Bonomi. Non al verde, non al giallo. Né c'è da leggerci un invito verso il «rosso», visto che i recenti esecutivi a trazione Pd non si sono certo salvati nella relazione di Bonomi: «Sono alla mia terza assemblea generale e in tre anni mi sono rivolto a tre governi diversi». E in tutti questi, come quelli che li avevano preceduti, il minimo comune multiplo è stato il disinteresse, se non l'avversione, per le imprese. L'attacco è alle élite politiche, prese nel loro insieme, attuali e storiche. Lo si è capito bene dal cortometraggio che Assolombarda ha proiettato ieri alla Scala: la breve storia, con attori professionisti, di un imprenditore cinquantenne che vuole fare crescere la sua azienda con un nuovo impianto in Italia; mentre i suoi più stretti e fedeli collaboratori cercano di dissuaderlo: troppi rischi legati alla burocrazia, alla mancanza di norme chiare. «Ma dove sta la novità - risponde lui -, quando mai non abbiamo assunto rischi? E quando mai è stata fatta una legge per le imprese?». Non saranno questi problemi a fermarlo perché il nostro sa, e lo dice nel filmino, che «l'imprenditore è sempre un uomo solo». E un Paese che lascia soli gli imprenditori è un Paese che rinuncia al suo futuro. Questo ha denunciato ieri il presidente di Assolombarda, ormai lanciato verso la guida di Confindustria. E ora ci siamo dentro più che mai. Perché quel balcone e quella spiaggia sono stati scelti come metafore di una politica senza colore, che non sa cercare altro che il più facile e il più superficiale dei consensi, senza progetti né programmi.

Esattamente il contrario di quello che serve a un Paese che vorrebbe semplicemente crescere.

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