"A Babbo Natale ho chiesto... 4.000 disoccupazioni e un gatto...". È quanto scrive in un messaggio, inviato durante le festività natalizie, il segretario generale provinciale della Fai Cisl Marco Vaccaro a un altro segretario dello stesso sindacato. L'operazione contro il caporalato condotta a Latina è un vero e proprio terremoto. L'inchiesta ha infatti messo a nudo il modo in cui gli immigrati (sfruttati) venivano costretti a iscriversi al sindacato. Così facendo il sindacato percepiva, non solo le quote di iscrizione ma anche ulteriori introiti economici connessi alla trattazione delle pratiche finalizzate a ottenere le indennità di disoccupazione.
Gli immigrati venivano portati nei campi su pulmini sovraffollati. A bordo non c'era il benché minimo sistema di sicurezza. Una volta arrivati sul posto di lavoro, erano costretti ad andare avanti per dodici ore. Il tutto in cambio di un salario da fame. Gli agenti della Squadra mobile di Latina e del Servizio centrale operativo hanno scoperto e disarticolato una rete di caporali che, grazie a un sistema di protezione e collusione, favoriva lo sfruttamento di centinaia di centrafricani e romeni. In manette sono finite sei persone, compresi un sindacalista di Latina e un ispettore del lavoro, ritenuti responsabili di "associazione a delinquere finalizzata allo sfruttamento del lavoro, all'estorsione, all'autoriciclaggio, alla corruzione e ai reati tributari". Gli arrestati usavano una cooperativa con sede a Sezze per distribuire illecitamente la manodopera a centinaia di azienda agricole committenti. "Erano arrivati a monopolizzare il settore nelle provincie di Latina, Roma, Frosinone e Viterbo", fanno sapere gli inquirenti che, al termine delle indagini hanno messo sotto indagine una cinquantina di persone tra imprenditori agricoli, commercialisti, funzionari e sindacalisti che ora sono accusati di non aver vigilato sulla legalità e tutelato i lavoratori.
Gli immigrati erano costretti a sottostare a "regole disumane", senza che fosse garantito loro alcun diritto. Non solo. Venivano anche obbligati a iscriversi al sindacato dietro la minaccia del licenziamento. "In questo modo - spiegano gli investigatori - l'organizzazione percepiva non solo le quote di iscrizione, ma anche gli introiti connessi alle pratiche per ottenere le indennità di disoccupazione".
I controlli, avviati alla fine del 2017 dopo l'operazione "Freedom", hanno portato alla luce "folti gruppi di stranieri" in attesa dei mezzi per essere trasportati nei campi (guarda il video). I lavoratori provenivano anche dai centri di accoglienza straordinaria ed erano in attesa del riconoscimento della protezione internazionale.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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