Cronache

Bakayoko perquisito: gli sproloqui antirazzisti che infangano la polizia

Bakayoko perquisito: gli sproloqui antirazzisti che infangano la polizia

Un normale controllo di polizia eseguito dagli agenti rispettando rigorosamente tutti i crismi del protocollo, diventa l'occasione per metterli in croce solo perché il perquisito è di colore. Ed essendo personaggio discretamente noto, il tutto diventa un caso mediatico e un'occasione per agitare i fantasmi del razzismo che continuerebbero ad avvelenare la nostra società. In realtà solo l'ennesima detestabile montatura, come dimostra il semplice racconto dei fatti nei quali è stato coinvolto Tiemoué Bakayoko, il giocatore del Milan fermato lo scorso 3 luglio in una zona classica della movida milanese. Ma ieri il video girato da un automobilista è sbarcato su internet, diventando immediatamente virale e ovviamente occasione delle più ingiustificabili strumentalizzazioni. Nelle immagini si vede Bakayoko appoggiato alla «volante», mentre un poliziotto lo perquisisce e una collega tiene sotto controllo, impugnando la pistola, l'altro passeggero. Tutto documentato dal video e tutto assolutamente svolto senza nessun eccesso e secondo le più normali procedure, fino a quando gli agenti lo riconoscono e rendendosi conto dello scambio di persona, fanno prendere all'operazione tutt'altra piega. Poco, ma abbastanza per scatenare la polemica sui social e consentire ad Amnesty Italia di sproloquiare, dicendo che «le immagini del fermo di Bakayoko fanno pensare a una profilazione etnica. Una pratica discriminatoria che su una persona non famosa avrebbe potuto avere conseguenze gravi». Ma allo stesso tempo accusando i poliziotti di aver avuto un atteggiamento eccessivamente remissivo una volta compreso l'errore di persona. Come a dire che in ogni caso il loro comportamento merita censura. Una ricostruzione ancor più ingiustificata e soprattutto ingiustificabile dopo aver letto la nota della Questura di Milano che spiega che l'intervento della pattuglia era stato reso necessario dopo che, nella stessa zona, erano stati segnalati dei colpi di arma da fuoco. Di lì l'allerta alle «volanti» e l'inizio della caccia a due persone descritte dai testimoni come di etnia centrafricana, una delle quali vestita con maglietta verde e a bordo di un Suv. Proprio quello che si sono trovati di fronte gli agenti alle 5,45 in zona Porta Garibaldi. Dal momento che la descrizione corrispondeva perfettamente (oltre a guidare un Suv, Bakayoko indossava proprio una maglietta verde), la pattuglia è intervenuta come da prassi, compresa l'estrazione delle armi dalle fondine di fronte ai possibili sospettati. «Con riferimento al video diffuso - specifica la Questura in una nota ufficiale - e relativo a un controllo effettuato da un equipaggio dell'Upgsp a carico del giocatore del Milan Bakayoko, si rappresenta che lo stesso, occorso in un contesto operativo che giustificava l'adozione delle più elevate misure di sicurezza anche in funzione di autotutela, si è svolto con modalità assolutamente coerenti rispetto al tipo di allarme in atto. Identificata la persona e chiarita la sua estraneità ai fatti per cui si procedeva, il servizio è ripreso regolarmente senza alcun tipo di rilievo da parte dell'interessato». Abbastanza per coprire di ridicolo i professionisti dell'allarme razzismo, gente che lucra ed è ancor più odiosa quando a essere tirati in ballo sono i poliziotti. Gente che per pochi euro rischia la vita per difendere la nostra e che non sembra davvero giusto vedere affiancata a chi nel 2020 a Minneapolis uccise George Floyd. E colpisce che a dire queste cose non sia stato anche il sindaco di Milano Giuseppe Sala che ieri se l'è cavata con un pilatesco: «Ho visto il video, ma non ho parlato con il questore quindi non saprei commentarlo e non vorrei dire cose improprie. Sentirò il questore». Con Paolo Magrone, segretario del Siulp Milano che «si congratula» per «la meticolosità dell'operazione che ha visto coinvolti poliziotti giovanissimi, ma preparati e ha mostrato ancora una volta» quanto «sia importante il fattore umano per la sorveglianza del territorio. Ci ricordiamo ancora di quando, tempo fa, nei pressi della stazione ferroviaria di Sesto San Giovanni, una pattuglia si scontrò con un pericoloso terrorista, poi rimasto ucciso. Allora vennero chiamati eroi, oggi sono diventati dei razzisti.

Per di più sprovveduti».

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