Cronache

Balcani, mercenario Italiano in guerra. "Sono stato Dio, ho fatto di tutto"

Sangue, soldi e morte. Roberto Delle Fave, il conctractor italiano per anni impegnato nella guerra dei Balcani, viene raccontato in un docu-film che svela l'orrore e la leggenda del mercenario

Balcani, mercenario Italiano in guerra. "Sono stato Dio, ho fatto di tutto"

Una vita di sangue morte, al limite tra la leggende e la realtà. Il docu-film Red Devil. Il Mercenario, di Erion Kadilli, prodotto da Tommaso Magnano, racconta, o almeno ci prova, la vita folle e tremenda di Roberto Delle Fave. Il contractor italiano che combatté per soldi prima per i croati, poi per i bosniaci musulmani.

Sangue e soldi

"Conduco una vita sregolata, mi piace bere e fumare. Spero che mi venga un cancro che mi faccia pagare le pene di tutti quelli che ho ammazzato": ammette il mercenario in un'intervista bel docu-film di Magnano. Una frase che è diventata profezia: nell'estate 2014 un cancro al cervello si è portato via Delle Fave. Il prezzo di un'esistenza tra pallottole, bombardamenti con proiettili all’uranio impoverito e all’acciaio delle baionette. Un viaggio tra l'orrore della guerra e la solitudine, fino agli ultimi instanti di vita nella casa di Bordighera, in cui il soldato si ritirò per allevare serpenti.

La storia di Delle Fave inizia come reporter: voleva documentare la guerra in Jugoslavia. Poi quella macchina fotografica per immortalare la realtà tremenda della guerra è stata sostituita al fucile. Nessuna bugia, lo fece per lo soldi senza mai negare la sua vita da guerrigliero, uccidendo e rischiando di essere ucciso. "Il mio primo bambino l’ho ammazzato a Vinkovci…" rivela nell'intervista. L'episodio non ha mai smesso di tormentarlo: "Noi pattugliavamo il quartiere. Quel bambino è uscito con un’arma giocattolo. Io non mi sono accorto che era un’arma giocattolo, ci ho girato il mitra e l’ho fatto ballare per tutta la durata dei trenta colpi del kalashnikov. Quando ti accorgi che un bambino di otto-nove anni non aveva un’arma vera, aveva un’arma giocattolo, credimi, la prima cosa che ti senti è che sei una merda. Poi dici: ma Dio dove c… era? Non per me, ma per quel bambino. Bastava un secondo di ritardo, che io giravo l’angolo. Non sarebbe successo. L’inchiesta l’ha definita una disgrazia ma per me potevano farne anche cinquanta, d’inchieste: non è stata una disgrazia, è stato un omicidio".

Nel documentario la follia di Della Fave regna sovrana: "Hitler era un folle e invece io ero un pazzo". Si arriva anche a nobilitare personaggi storici molto discutibili: "Arkan, il più grande, il più figo, il migliore dei migliori, affascinante, spietato, determinato, un grande uomo d’affari!…".

Delle Fave rimane fedele alle sue idee fino alla fine: "Sono stato Dio, facevo il giorno e la notte, quello che volevo, scopavo le bambine e le vecchie, mangiavo quanto volevo mentre intorno si nutrivano di radici".

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