Cronache

Bambino islamico di Roma difende l'Isis: "Uccidere per Allah è giusto"

Intervistato da La Gabbia di La7, un adolescente a telecamera nascosta difende i terroristi e dice che uccidere in nome di Allah è giusto

Bambino islamico di Roma difende l'Isis: "Uccidere per Allah è giusto"

La voce giovane, quasi da bambino. E quei vestiti tipici del mondo arabo. Quello che ha parlato ieri sera alle telecamere della Gabbia di La7 è evidentemente un ragazzino. Tanto giovane quanto assurde sono le sue parole. Si parla di Isis, di terrorismo e di Allah. Il contesto storico è quello dei giorni nostri, degli attentati di Parigi e del terrore che invade le capitali europee.

E quel ragazzo islamico è proprio da Roma che parla, dalla Capitale d'Italia. Hai visto quelle persone che si sono fatte esplodere?, gli domanda la giornalista. "Non è giusto che prendono in giro i musulmani", risponde il ragazzino. Sono dei martiri? "Si". Ma così ammazzano altre persone. "Se per Allah, va bene". (guarda il video)

Una frase - "per Allah va bene" - pronunciata con sicurezza spiazzante. Soprattutto se ascoltata dalla voce di un bambino, coperto dai pixel che ne nascondono il volto. Lui è uno di quelli che in molti chiamano "la seconda generazione di immigrati". Quella, insomma, che gli analisti considerano maggiormente a rischio radicalizzazione. Dove ha imparato a dire che morire uccidendo in nome di un dio è bello? Nelle scuole italiane? Dubitiamo.

Il servizio di La7 è stato realizzato a Tor Pignattara, quartiere di Roma dove la convivenza è difficile. Se non impossibile. Lì, come in tante periferie europee, i musulmani stanno diventando la maggioranza della popolazione. Come sarà possibile controllare cosa accade in quei luoghi, se non ci accorgiamo che un bambino, un ragazzo, magari "educato" nelle nostre scuole e forse nato anche in Italia afferma che "uccidere per Allah è giusto"? Esiste oppure no un problema nel controllo delle moschee e dei centri islamici?

Sono giorni che le telecamere italiane intervistano fedeli islamici nelle città nostrane. È successo a Quinta Colonna, con un signore islamico che non ha titubato nel dire che gli attentatori in Francia "hanno fatto bene". Sono numerosi quelli che con tanti "se" e molti "ma" prendono le distanze dalle violenze, ma non condannano compiutamente. È successo con il leader dei giovani musilmani Saif, che alla domanda diretta si è rifiutato di rispondere. "I francesi bombardano in Siria", affrmano in tanti. Quasi sempre manca quella condanna, piena, che ci aspetteremmo sui fatti di Parigi.

E non solo.

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