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"Basta politici no vax: per fare tutte le riforme ci vuole SuperMario"

Confindustria auspica che il governo duri a lungo e critica i veti di Pd, M5s e Lega.

"Basta politici no vax: per fare tutte le riforme ci vuole SuperMario"

«Confindustria si opporrà a tutti coloro che vorranno intralciare il processo delle riforme. A chi flirta coi no vax invece di pensare alla sicurezza di cittadini e lavoratori, come, a chi pensa che questo governo sia a tempo. Le riforme occorre farle adesso. Basta rinvii, basta giochetti, basta veti».
Il leader degli imprenditori, Carlo Bonomi, ieri nel corso dell'assemblea pubblica di Confindustria ha in pratica rilanciato quel «patto per l'Italia» che costituisce il fil rouge tra Viale dell'Astronomia e Palazzo Chigi. Ma se gli industriali ritengono ineludibili le riforme di accompagnamento al Pnrr, il sottinteso politico è che l'attuale compagine di maggioranza non può compierle se non riducendo a miti consigli le estreme. Anche se non esplicitamente citati, il riferimento è tanto alle intemerate salviniane quanto ai traccheggiamenti dell'asse Pd-M5s che provocano un continuo stop-and-go dei processi decisionali.
L'automatico corollario di questa presa di posizione è che «Mario Draghi è un «uomo della necessità» come Alcide De Gasperi e come i governatori di Bankitalia Paolo Baffi e Carlo Azeglio Ciampi. Il lunghissimo applauso tributato dagli industriali al premier, presente al Palasport di Roma, è stata la manifestazione più evidente di questa sintonia tra la Confindustria di Bonomi e il premier.
E se Silvio Berlusconi nel 2001 aveva fatto proprio il programma confindustriale, nel 2021 è Confindustria ad «appropriarsi» del programma di Draghi. «Noi imprese non esitiamo a dire che ci riconosciamo nell'esperienza e nell'operato del governo guidato dal presidente Draghi e che ci auguriamo continui a lungo nella sua attuale esperienza», ha sottolineato, aprendo di fatto a una prosecuzione dell'attuale esperienza fino alla fine della legislatura e oltre.
Non a caso il monito più severo è stato rivolto ai partiti auspicando che «non attentino alla coesione del governo pensando alle prossime amministrative, o con veti e manovre in vista della scelta da fare per il Quirinale». Il plauso rivolto a Mattarella («rende un eccezionale servizio ogni giorno al Paese») è risuonato come un endorsement al bis. Perché Mario Draghi a Palazzo Chigi è una garanzia.
E proprio nel giorno in cui Standard & Poor's ha alzato da +4,9 a +6% le stime sul Pil italiano nel 2021, Bonomi ha evidenziato che quel «6% va considerato con soddisfazione ma senza enfasi» perché «la vera sfida è il tasso di crescita dal 2022 in avanti». Un impegno che richiede un surplus di assunzione collettiva di responsabilità che Bonomi ha sintetizzato nel Patto per l'Italia. «I problemi si risolvono sedendosi a un tavolo, dobbiamo avere uno spirito diverso», ha detto il presidente di Confindustria rivolgendosi in primo luogo al sindacato. In particolare, sono tre i temi su cui le imprese vorrebbero confrontarsi con Cgil, Cisl e Uil senza aspettare i tempi della politica: sicurezza sul lavoro (con l'istituzione di commissioni paritetiche in fabbrica), regolamentazione dello smart working e politiche attive.
Quest'ultimo punto investe criticamente tanto una riforma che stenta a decollare quanto le polemiche sull'esito fallimentare del reddito di cittadinanza come strumento per la ricollocazione dei disoccupati. Ecco perché Bonomi ha sostanzialmente avanzato una sola richiesta al governo.

«Per la riforma fiscale stanziamo solo tre miliardi?», ha domandato retoricamente Bonomi evidenziando l'urgenza non solo della riforma dell'Irpef (aprendo a «una radicale revisione di tutti i bonus introdotti da destra e sinistra, che con prelievi forfetari hanno minato l'imponibile»), ma soprattutto dell'abolizione dell'Irap con la creazione di «un sistema di imposizione sui redditi societari più attrattivo rispetto a quello attuale» garantendo la disponibilità a usare il risparmio d'imposta a favore delle politiche attive per incrementare l'occupazione, ancora troppo bassa.

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