Cronache

Pedofilo ucciso dopo il carcere. Indagato il papà della ragazzina stuprata

I carabinieri hanno messo le manette ai polsi di un 55enne di Sant’Agata dei Goti e di un 30enne di San Felice a Cancello

Pedofilo ucciso dopo il carcere. Indagato il papà della ragazzina stuprata

Nella giornata di oggi, nell’ambito dell’indagine coordinata dalla Procura della Repubblica di Benevento relativa all’omicidio di Matarazzo Giuseppe, i Carabinieri del Comando Provinciale di Benevento hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal GIP presso il Tribunale di Benevento nei confronti di un 55enne di Sant’Agata dei Goti (BN) e di un 30enne di San Felice a Cancello (CE).

Quest’ultimi sono accusati di aver premeditato l’omicidio del 45enne Giuseppe Matarazzo, nonché per detenzione e porto abusivo in luogo pubblico di armi. L'ex pastore ha pagato con la vita la violenza sessuale compiuta nei confronti di una ragazzina di 15 anni che, per la vergogna, si impiccò a un albero vicino casa. Le indagini sono partite dal delitto avvenuto a Frasso Telesino, la sera del 19 luglio 2018, quando almeno due persone, a volto scoperto e a bordo di un’autovettura di colore scuro, hanno raggiunto la parte esterna dell’abitazione di Giuseppe Matarazzo uccidendolo con almeno 5 colpi di pistola cal.357 magnum. La vittima, scarcerata il 16 giugno 2018, dopo aver espiato una condanna ad undici anni e sei mesi di reclusione per violenza sessuale nei confronti di due sorelle di Frasso Telesino, minorenni all’epoca dei fatti contestati, decedeva per “insufficienza cardio-respiratoria acuta e contestuale anemia metaemorragica massiva da rottura di cuore per ferite multiple da arma da fuoco”.

Le investigazioni, condotte incessantemente, sotto la direzione del pm della procura di Benevento, dai militari del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale dei Carabinieri di Benevento e del Nucleo Operativo della Compagnia dei Carabinieri di Cerreto Sannita, senza tralasciare alcuna pista di interesse per le indagini, hanno permesso di ricostruire la dinamica del delitto e di acquisire gravi indizi nei confronti dei due soggetti arrestati grazie all’analisi di tutti i traffici veicolari GPS, allo studio del traffico telefonico delle celle serventi il luogo del delitto, ai servizi di osservazione, alle attività tecniche di intercettazione e all’escussione di numerose persone informate sui fatti. Tali attività hanno permesso di accertare che l’autovettura di uno dei due arrestati (dotata di GPS), a bordo della quale viaggiavano gli esecutori materiali del delitto, si trovava esattamente nel luogo e nel momento in cui è stato commesso il delitto, per poi darsi alla fuga e parcheggiando l’auto a Sant’Agata de’ Goti, presso l’abitazione dell’indagato utilizzatore del veicolo. Questo elemento, ancora, è stato confermato dalla testimonianza di un teste che, imbattutosi nei sicari lungo la via di fuga, ha riconosciuto l’arrestato alla guida della vettura: un trentenne residente nel casertano. Le indagini hanno portato a scoprire che, nei giorni immediatamente precedenti all’uccisione di Matarazzo, precisamente il 17 e il 18 luglio 2018, l’autovettura utilizzata per omicidio aveva effettuato percorsi e orari quasi identici a quelli del giorno del delitto, partendo da Sant’Agata dei Goti e facendo ritorno, confermando l’ipotesi che l’agguato del 19 luglio fosse stato frutto di un pedinamento della vittima e di sopralluogo e quindi fosse premeditato.

Nel corso delle indagini, inoltre, i militari hanno sequestrato un fucile da caccia e una pistola 357 magnum, detenute legalmente da uno degli indagati. La parola fine su questa triste faccenda è giunta quando i carabinieri sono riusciti a intercettare alcune conversazioni dal contenuto eloquente in merito alla partecipazione al delitto. A quanto pare, uno degli arrestati ha consapevolmente fornito agli esecutori materiali del delitto la propria autovettura (celandosi al suo interno o ponendosi sul tragitto da percorrere con altro mezzo) e l’arma con la quale sono stati esplosi i colpi che hanno ucciso l'uomo, mentre l’altro indagato era al volante dell'auto, a fianco ad un’altra persona ancora in corso di identificazione. Tra i due indagati arrestati risultavano peraltro numerosi contatti telefonici, anche nei giorni precedenti e successivi al delitto, ma per entrambi non sono stati registrati contatti con altre utenze mobili proprio nel giorno dell’omicidio. Non risultano, infine, contatti diretti e motivi di contrasto tra gli arrestati e la vittima, e quindi si può ritenere che l’omicidio sia stato commissionato da terzi. Si ritiene, infatti, che l’azione delittuosa sia stata compiuta da persone a volto scoperto perché, presumibilmente, non temevano di essere riconosciuti, non essendo del luogo, unitamente all’assenza di ulteriori elementi che depongano in senso diverso, possa essere stata preordinata da terzi che avevano interesse ad uccidere Matarazzo: sul punto sono in corso ulteriori indagini, anche di carattere patrimoniale. Le indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Benevento, continuano al fine di individuare almeno un’altra persona che ha eseguito materialmente l’omicidio, nonché possibili intermediari, mandanti e complici delle persone arrestate.

Nel medesimo procedimento, come è già noto, risulta indagato per concorso in omicidio, quale presunto mandante, il padre delle due minorenni vittime degli abusi per cui era stato condannato Matarazzo.

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