Il Bestiario

Il Bestiario, il Calendino

Il Calendino è un leggendario animale con il corpo da Calenda e la testa da tenero orsetto Trudi

Il Bestiario, il Calendino

Il Calendino è un leggendario animale con il corpo da Calenda e la testa da tenero orsetto Trudi.

Del Calendino gli antichi greci e latini come Socrate e Seneca, ma anche tutto il filone della filosofia di Francoforte da Hegel a Freud, per non parlare dei sociologi moderni come Bauman, non ne parlano mai, non c’è traccia neanche a cercare col lanternino. Niente di niente. Il nulla eterno.

Effettivamente il “fenomeno” Calendino rimane a tutt’oggi un mistero irrisolto, un po’ come l’inutilità della prima e ultima fetta del pan bauletto. Il Calendino emerge dall’umidità come un fungo da un giorno all’altro senza chiedere permesso e senza presentarsi, come fosse stato lì da sempre, dandosi anche una certa necessaria importanza come un predestinato. Insomma Il Calendino ha l’atteggiamento beffardo di quelli che al ristorante agitano in alto la bottiglia del vino vuota cameriere per farsene portare un’altra.

In realtà il Calendino non ha mai fatto nulla di così importante nella sua esistenza per essere considerato un cavallo di razza. E’ vero che in tenera età fu il protagonista di un episodio del film Cuore, ma dato che è il nipote del famoso regista Comencini, sorgono alcuni dubbi sul fatto che sia stato scelto per meriti artistici. La leggenda narra infatti che la mamma del Calendino minacciò il nonno che se non avesse scelto il figlio per il film gli avrebbe tolto le mutande tirandogliele verso l’alto.

Così il Calendino in politica si pone come l’ago della bilancia delle forze contrapposte mettendosi al centro, nella mediana, insomma in mezzo agli zebedei. La sua posizione è equidistante, quel che basta a sinistra per essere nel giusto e quel tantino a destra per essere col popolo, un poco in alto per avere una visione lungimirante e abbastanza in basso per poter raccontare senza vergogna e con un pizzico di orgoglio di essersi fatto le canne da giovane. Insomma un democristiano moderno, un uomo per tutte le stagioni, un Belotti che va alla Roma per fare panchina.

Nell’era del vuoto culturale e di idee il Calendino appare come un piccolo eroe rivoluzionario agli occhi dei media che ne danno un risalto esagerato per quello che rappresenta, come se il facocero Pumbaa fosse il protagonista del Re Leone.

Infine molti studiosi pensano che il Calendino sia destinato all’autoestinzione, come una sorta di Arlecchino che a furia di agitarsi sul palco si storta le caviglie da solo cadendo a terra, mentre il pubblico applaude credendo che si tratti della solita pantomima.

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