Mancano 259 giorni esatti al prossimo 3 agosto, giorno in cui si aprirà il semestre bianco. Politicamente parlando, una sorta di vera e propria zona franca, visto che - qualunque cosa accada - nei sei mesi successivi non si potranno sciogliere le Camere in attesa dell'elezione del nuovo capo dello Stato (in programma a inizio febbraio 2022). Con ogni probabilità, però, il «bimestre nero» di Giuseppe Conte inizierà qualche tempo prima. Forse già a inizio giugno, appena archiviate le amministrative della prossima primavera. Si voterà nella seconda metà di maggio, con eventuali ballottaggi due settimane dopo, in cinque città chiave per gli equilibri politici nazionali: Bologna, Napoli, Milano, Roma e Torino. Con il centrosinistra a trazione Pd che - almeno ad oggi - dovrebbe avere gioco facile in tutte le piazze, ad eccezione della capitale (tra tutte, la partita certamente più complessa e meno prevedibile).
Dopo quella tornata elettorale - soprattutto se i dem ne usciranno rafforzati - i malumori che si registrano da tempo nel Pd e in un pezzo importante del M5s potrebbero esplodere. Al netto del fatto, ovviamente, che l'emergenza Covid-19 sia sostanzialmente rientrata e la politica si possa «permettere» di imbarcarsi in una crisi di governo. Conte lo sa bene e, non a caso, teme l'avvicinarsi della morsa amministrative-semestre bianco che potrebbe saldare l'insoddisfazione che si registra nei suoi confronti in molti ambienti della maggioranza.
Che il Pd stia ragionando su futuri scenari Conte-free non è certo una novità delle ultime settimane. Peraltro, la gestione dell'emergenza sanitaria - soprattutto le ripetute discussioni tra il premier e il capo delegazione dem, Dario Franceschini - non ha fatto che esacerbare gli animi. Al punto che ieri Goffredo Bettini, ascoltato consigliere di Nicola Zingaretti, ha messo nero su bianco la disponibilità del Pd a valutare altre soluzioni. «Nella stretta di oggi, si tratta di praticare tutte le vie possibili per raccogliere con generosità i contributi delle forze politiche consapevoli e democratiche», ha scritto in una lettera al Corriere della Sera. Un'apertura di credito diretta a Forza Italia, ma nei fatti anche un avviso di sfratto per Conte. Che, per quanto abbia l'ambizione di diventare una sorta di riserva della Repubblica in quota M5s, certo non potrebbe restare a Palazzo Chigi se si realizzasse l'auspicio di Bettini. Che, poi, è lo stesso di Matteo Renzi, altro socio di maggioranza assolutamente favorevole a un rimpasto di governo. Fosse per il leader di Italia viva, anche oggi stesso.
Più variegato il fronte grillino, perché il premier gode ancora dell'appoggio di un pezzo importante del Movimento. In particolare quello che fa capo al presidente della Camera, Roberto Fico. I rapporti con Luigi Di Maio, invece, sono al minimo storico, praticamente assenti ormai da tempo. E il termometro del grande gelo sta nel fatto che i due non si parlano da mesi, nonostante i rispettivi ruoli - premier uno e ministro degli Esteri l'altro - imporrebbero un contatto praticamente quotidiano. D'altra parte, la svolta istituzionale di Di Maio - che ormai da diversi mesi non scivola più in piazzate scomposte tipo la richiesta di impeachment per Sergio Mattarella o i festeggiamenti per aver «abolito la povertà» - toglie spazi di manovra proprio a Conte, che prima poteva proporsi come unico volto rassicurante del Movimento. Insomma, se in primavera l'emergenza Covid-19 dovesse rientrare e nella maggioranza si aprisse il dossier del dopo Conte, il ministro degli Esteri non avrebbe alcuna esitazione ad abbandonare il premier al suo destino.
Che le prospettive nel breve periodo non siano troppo rosee e che nella maggioranza - anche in queste ore
- si stia lavorando a un nuovo assetto di governo, Conte lo sa bene. Chissà non sia anche per questa ragione che ieri pomeriggio ha deciso solo all'ultimo minuto di rinunciare alla prevista ospitata a Otto e mezzo su La7.
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