Laura Boldrini non sta nella pelle. Non le pare vero che Papa Francesco abbia aperto alla possibilità di ammettere anche le donne all'ordine del diaconato.
Una decisione "importante, epocale e molto bella", nelle parole della presidente della Camera, fervente cattolica. Tuttavia la seconda carica dello Stato, pur nel giubilo per quella che deve aver interpretato come una "svolta femminista" della Chiesa, ha subito avuto da ridire per il modo in cui la stampa ha dato la notizia.
Il peccato dei giornali? Chiamare ciò che ancora non esiste "donne diacono" e non "diacone". Apriti cielo! "Un bel messaggio riscatto per le donne cattoliche che vogliono avere un ruolo all'interno della Chiesa" deturpato dall'onnipresente sessismo.
Forse sarebbe meglio che il Papa (che per fortuna finisce con la "a") ammettesse le donne anche al sacerdozio (immediatamente rinominato "sacerdozia"): almeno le parole "prete" e "sacerdote" finiscono con la più neutra "e".
Più problematica, per l'ossessione grammaticale boldriniana, l'ammissione delle donne all'episcopato, che aprirebbe l'annosa questione delle "vescove".Ma non precorriamo i tempi, accontentiamoci di riscrivere il presente e il futuro prossimo. In attesa delle vescove, perché non riscrivere anche il Padre nostro, con tutti quelle parole al maschile?
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