Boldrini stoppa il decreto Rai L'ira del Pd: valuterà il Colle

Invasione di campo della presidente della Camera: non è urgente. I renziani: dichiarazioni stupefacenti

Roma«Il decreto si deve fare quando c'è materia di urgenza. Sulla Rai non c'è qualcosa di imminente, non c'è una scadenza». Il presidente della Camera, Laura Boldrini, in un'intervista a diMartedì , ha gelato sul nascere le ambizioni di Matteo Renzi che spera di concludere con un blitz la sua campagna di annessione della Rai.

Era stato lo stesso premier durante il vertice con Hollande a giustificare la necessità di un intervento d'urgenza anche in materia di assetti del sistema radiotelevisivo. «Saremo in grado di fare qualche decreto in meno, se le opposizioni faranno qualche atto di ostruzionismo in meno», aveva dichiarato spiegando che quello del decreto legge è uno «strumento naturale secondo Costituzione», in caso di blocco dei lavori in Parlamento. Parole nobili, rispetto della carta fondamentale e via discorrendo, ma l'obiettivo dell'ex sindaco di Firenze è chiaro: procedere al rinnovo dell'organo amministrativo di Viale Mazzini secondo un nuovo schema che preveda una concentrazione delle responsabilità manageriali in capo a un amministratore delegato, ovviamente di provata fede renziana.

E immediato è giunto lo stop dell'inquilina numero uno di Montecitorio. «Sono d'accordo che il governo ha bisogno di tempi certi ma bisogna anche dare alle opposizioni le garanzie», ha replicato Boldrini rilevando come «se si arrivasse a dare tempi certi su provvedimenti ordinari, non ci sarebbe bisogno di ricorrere al decreto». Un colpo al cerchio e uno alla botte perché la «presidenta» sa benissimo che nella stanza dei bottoni c'è Matteo e chi lo ostacola rischia di finire spianato. Come sa benissimo che il deserto a sinistra del Pd aspetta solo di essere riempito, magari da una figura istituzionale, terza e di garanzia. Boldrini, insomma, si è «candidata», anche se tuttavia ha minimizzato l'invettiva dei giorni scorsi nei confronti del presidente del Consiglio (definito «un uomo solo al comando») derubricandola a ragionamento astratto sulle regole della democrazia.

Al di là dell'impossibilità di pronosticare una futura eventuale firma del presidente Mattarella su un simile decreto, sta di fatto che l'insistenza renziana sulla Rai rischia di spaccare la maggioranza. Fabrizio Cicchitto (Ncd) ha immediatamente dato ragione a Boldrini non ravvisando «nessuna urgenza». Discorso diverso per Michele Anzaldi, segretario renziano della Vigilanza Rai. «Se non venissero smentite, quelle di Boldrini sarebbero dichiarazioni stupefacenti», ha argomentato svelando l'entità ragguardevole della posta in gioco. «Boldrini vuole che siano ancora direttamente i partiti a decidere gli amministratori del servizio pubblico, un'azienda che gestisce quasi due miliardi di canone pagato dai cittadini?», si è domandato retoricamente. Ancor più duro il vicesegretario Pd Lorenzo Guerini. «La valutazione sulla necessità e urgenza di decreti legge spetta al presidente della Repubblica e a nessun altro. Con tutto il rispetto, la responsabilità di Laura Boldrini è oggi quella di presidente della Camera e non di presidente della Repubblica», ha chiosato mettendo in rilievo l'inopportunità della sortita boldriniana. Tra i «cannonieri» renziani anche Ernesto Carbone: «Qualcuno spieghi a Boldrini quali sono le sue funzioni».

Non meno polemiche hanno destato le affermazioni del ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, che ha sostanzialmente benedetto la riforma dell'informazione a Viale Mazzini con l'unificazione delle testate giornalistiche ideata dal direttore generale. «Con il top management della Rai - ha affermato - noi siamo in continuo contatto. Mi sembra che si vada nella direzione giusta.

Il mio rappresentante in consiglio di amministrazione voterà la riforma Gubitosi». Parole che hanno determinato l'irritazione di Forza Italia per l'oggettivo condizionamento della libera espressione del rappresentante del Tesoro in cda.

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