nostro inviato a Napoli
Le balle di De Gregorio sono «tali da non tradursi in una effettiva e concreta dimostrazione di inaffidabilità narrativa». Nella sua requisitoria contro Silvio Berlusconi, il pm Vincenzo Piscitelli aveva messo le mani avanti. Perché nel processo per la presunta compravendita di senatori per fare cadere il governo Prodi, era chiaro anche alla pubblica accusa che il tallone d'Achille del processo era lo stesso supertestimone su cui tutto si basava: Sergio De Gregorio, prima forzista, poi dipietrista, poi di nuovo forzista, infine «pentito». Ma «pentito» in un coacervo di dichiarazioni altalenanti, disparate, spesso contraddittorie, a volte inverosimili. Alla fine, i giudici gli hanno creduto. E hanno condannato Berlusconi.
Eppure i buchi sono tanti. A partire dal più vistoso di tutti, i rapporti con il mondo della criminalità organizzata. Non è un buco da poco. Perché è lì, secondo la difesa, che si spiegherebbe perché De Gregorio mente: i due milioni in contanti che dice di avere ricevuto da Forza Italia avrebbero altra strada, altra storia, che se venisse fuori causerebbe all'ex senatore guai ben maggiori dei 20 mesi che ha patteggiato. Le tracce ci sono, e sono vistose: il primo aggancio con De Gregorio la Guardia di Finanza lo trova perquisendo il contrabbandiere Rocco Cafiero, e nella miriade di personaggi che cambiano gli assegni circolari di De Gregorio ci sono Biagio Orefice, in passato denunciato per estorsione, e Gennaro Migliaccio, «gravato da precedenti di polizia per concorso esterno in associazione mafiosa». Quali rapporti ha con questi signori, De Gregorio? Non si sa, perché a dieci anni di distanza - lo dicono i pm nella requisitoria - «sono tutt'ora in corso le indagini in ordine ai rapporti intercorsi con gli stessi».
Nell'attesa, ci sono altri passaggi oscuri delle dichiarazioni di De Gregorio: e riguardano il suo ruolo nella campagna di arruolamento di altri parlamentari dell'Ulivo pronti a cambiare bandiera. De Gregorio racconta di avere abbordato Giuseppe Caforio. E Caforio, anche lui dell'Idv, conferma ai pm di essere andato a trovare De Gregorio in ospedale, dove era ricoverato per dei calcoli, e di averne ricevuto confidenze e promesse fantastiche: che De Gregorio sarebbe diventato ministro o sottosegretario, e che se Caforio lo seguiva erano pronti per lui due milioni. Possibile? E perché De Gregorio allora non è stato indagato per la tentata corruzione del collega? Per sapere come andò davvero, basterebbe ascoltare la registrazione che Caforio dice di avere fatto di nascosto dell'incontro. Peccato che il file, dopo essere stato consegnato a Di Pietro, andò smarrito. E così su quali fossero davvero i rapporti tra maggioranza e opposizione in quella fase confusa della vita del paese, resta la parola di De Gregorio. Ed è a quella che i pm credono, anche quando emergono palesi millanterie, come quando De Gregorio dice a Caforio che «Italiani nel Mondo era un marchio importante, tanto che lui aveva venduto a una importante società americana il suo utilizzo», e in aula, di fronte alle contestazioni delle difese, ammette di essersi inventato tutto. O quando sostiene di avere incontrato Clemente Mastella insieme al capo della Cia nella hall di un albergo per fargli sapere che gli americani ci tenevano a fare cadere Prodi: versione sconfessata da Mastella in aula. O quando chiama in causa Lamberto Dini, Sandro Bondi, Rocco Crimi: anche loro tutti interrogati nell'aula del processo, tutti hanno smentito la versione di De Gregorio, e i pm si sono ben guardati dall'incriminarli per falsa testimonianza. Eppure si trattava di passaggi chiave dell'inchiesta, come quello sui finanziamenti all' Avanti che secondo De Gregorio facevano parte del prezzo del ribaltone, e di cui Bondi si è preso la responsabilità, «feci tutto io, Berlusconi non ne sapeva niente».
Poi c'è quello che accadde a Palazzo Madama, i comportamenti concreti che per i pm sono la prova dell'«asservimento» a Berlusconi.
Ma anche qui qualcosa non quaglia: De Gregorio a volte vota col governo, a volte con l'opposizione. E quando va in aula la legge che a Berlusconi, secondo i giudici doveva essere più cara, ovvero l'indulto, De Gregorio si astiene: che al Senato equivale al no. Ma Berlusconi, dicono i pm, lo paga lo stesso.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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