Cronache

Caso Mediaset, De Pasquale: "Impronte del Cav sui soldi" E chiede tre anni e otto mesi

I pm di Milano hanno chiesto una condanna a 3 anni e 8 mesi di reclusione per il Cavaliere: "Ci sono le impronte digitali di Berlusconi sui soldi"

Caso Mediaset, De Pasquale: "Impronte del Cav sui soldi" E chiede tre anni e otto mesi

Silvio Berlusconi deve essere condannato a tre anni e otto mesi di carcere per frode fiscale: é questa la richiesta avanzata al tribunale di Milano dal pm Fabio De Pasquale al termine della sua requisitoria per la vicenda dei diritti tv. Richiesta di condanna anche per il presidente di Mediaset Fedele Confalonieri per il quale il pubblico ministero ha chiesto tre anni e quattro mesi di carcere. Berlusconi, ha premesso il pm "ha avuto un ruolo molto particolare nella vita italiana non é un imputato come gli altri, per lui serve uno standard probatorio che va aldilà dell'elevata probabilità e deve essere uno standard di certezza". E questo é lo standard che De Pasquale sostiene di avere raggiunto. "Ci sono le impronte digitali di Berlusconi sui soldi".

"Il presupposto é che Fininvest é interamente posseduta dalla famiglia Berlusconi ed é controllata da Silvio Berlusconi", dice il pm per spiegare perché l'ex premier deve rispondere personalmente dei fatti contestati nel processo. "Inoltre Berlusconi é il "beneficial owner" delle società maltesi che compaiono nell'indagine. E anche dopo la quotazione in borsa Fininvest ha mantenuto la maggioranza assoluta di Mediaset, il cui consiglio di amministrazione era zeppo di amici e parenti, come i figli".

L'intero sistema organizzato secondo De Pasquale da Fininvest negli anni Novanta per acquisire i diritti dei filmamericani da trasmettere un tv era finalizzato a frodare il fisco, comprando i diritti - anziché dalle major - da una serie di intermediari e sottointermediari, in modo da gonfiarne il prezzo: la "cresta" sarebbe poi tornata nelle disponibilità della famiglia Berlusconi. É questa la tesi di fondo che il pubblico ministero Fabio De Pasquale ha esposto nel corso nel corso di cinque ore di requisitoria, arrivata alla fine di un processo che sembrava interminabile (la prima udienza porta la remota data del 21 novembre 2006).

Secondo le tesi della procura milanese, Fininvest avrebbe sistematicamente aumentato il prezzo dei diritti di trasmissione dei film delle major americane da trasmettere sulle sue reti. In questo modo avrebbe da un lato aumentato le voci passive dei propri bilanci, risparmiando così importanti quantità di tasse; e dall'altro sarebbe riuscita a produrre fondi neri per importi altrettanto rilevanti, che sarebbero poi approdati sui conti esteri di Berlusconi e della sua famiglia. Per questo, inizialmente il Cavaliere era stato accusato anche di appropriazione indebita, poi l'accusa é caduta nel corso del processo, ma il rappresentante della Procura non ha rinunciato a esporre la sua tesi nel corso della requisitoria ("appartengono a Berlusconi i conti dove approdano i soldi in Svizzera e alle Bahamas gestiti dal banchiere Del Bue e dagli altri fiduciari di Banca Arner").

E De Pasquale non ha rinunciato neppure a contestare l'adeguatezza della legge italiana che non prevede che un imputato possa essere accusato di avere riciclato il frutto dei propri reati: altrimenti, ha lasciato capire il pm, Berlusconi sarebbe stato accusato anche di riciclaggio.

Tutto, nella ricostruzione di De Pasquale, ruotava intorno alla figura di Frank Agrama, ex regista e poi grossista si diritti televisivi, definito dalla Procura "socio occulto" di Berlusconi.

Berlusconi e i suoi difensori hanno sempre sostenuto che la intermediazione é prassi costante nel mercato internazionale dei diritti televisivi, e che comunque Berlusconi era da tempo ( i fatti contestati vanno fino al termine degli anni Novanta) impegnato nell'attività politica e non nella gestione dell'azienda. In un processo gemello relativo agli anni successivi, Berlusconi é già stato prosciolto per " non avere commesso il fatto" dal giudice per le indagini preliminari.

"Ma fino al 1998 - ha detto il pm - Berlusconi é rimasto al vertice della catena di comando della gestione dei diritti. Fino alla discesa in politica gli aumenti di costi dei film venivano decisi anche dopo le riunioni ad Arcore, ma anche negli anni successivi é rimasto la figura di riferimento". "Chi ha detto che dopo la discesa in politica Berlusconi ha smesso di seguire i suoi affari? Questa affermazione fa a pugni con tutto quello che leggiamo sui giornali. In quel periodo poi Berlusconi é rimasto presidente del Consiglio sei mesi, in cosa sarà stato così assortito da non poter trattare i suoi affari?".

Al tribunale chiamato a giudicare Berlusconi, il pm nella sua requisitoria ha chiesto una attività "micidiale, difficilissima, stancante" ma indispensabile: l'analisi delle catene di passaggi successivi di proprietà che portavano i diritti ad arrivare dalla Paramount e dalle altre major alle aziende di Cologno Monzese. "Se avete qualche dubbio che questa sia una frode, leggete queste catene e domandatevi quale altra sia la loro logica". Complessivamente, ha detto oggi De Pasquale, i costi sarebbero stati gonfiati per 120 milioni di euro. "Complessivamente circa un terzo della cifra esposta a bilancio è falsa".

I fatti contestati in questo processo si fermano al 1998 e 1999, ma poiché i costi vennero spalmati sui cinque anni successivi, la frode fiscale secondo la Procura si sarebbe protratta fino al 2002 e 2003.

Per questo il reato non sarebbe ancora prescritto.

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