Improvviso e, purtroppo, in molti casi letale. Ictus è un termine latino che significa «colpo», stroke in inglese. Un evento che insorge in modo improvviso: una persona in perfetta forma fisica viene colpita da sintomi come la debolezza di una mano o di una gamba oppure difficoltà a parlare. Segnali che non vanno assolutamente mai sottovalutati e che possono essere transitori, restare costanti o peggiorare nelle ore successive.
In Italia l'ictus rappresenta la terza causa di morte, dopo le malattie ischemiche del cuore e le neoplasie e causa il circa il 10 per cento di tutti i decessi e soprattutto è la prima causa di invalidità. Ogni anno si verificano in Italia circa 196.000 casi e di questi il 20 per cento sono recidive. Solo il 25 dei pazienti sopravvissuti ad un ictus guarisce completamente, il 75 sopravvive ma con una disabilità più o meno grave, che nella metà dei casi è tanto grave da privare il paziente dell'autosufficienza. É più frequente dopo i 55 anni ma, attenzione, circa 4.000 casi all'anno riguardano persone con meno di 45 anni e addirittura 10.000 pazienti con meno di 54.
Nicola Vanacore, neurologo ricercatore presso il Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute dell' Istituto Superiore di Sanità e responsabile del Sistema Nazionale delle Linee Guida dell'Iss, indica quali sono i sintomi che devono suonare come un campanello d'allarme e spiega che a fare la differenza in caso di ictus è la tempestività dell'intervento. «Se si interviene in una finestra temporale di 3 ore dall'insorgenza dei sintomi si evitano del tutto le conseguenze negative - avverte Vanacore - Occorre aumentare la consapevolezza sulla necessità di rivolgersi subito al Pronto Soccorso quando insorge in modo improvviso un sintomo come la perdita di forza in un arto, la difficoltà di parola e il disorientamento. Anche se il sintomo scompare potremmo esser di fronte ad un Tia, attacco transitorio, che in alcuni casi rappresenta l'anticamera di un ictus.»
A causa dell'ostruzione di un'arteria, al cervello viene a mancare il normale apporto di sangue ossigenato. Le cellule in sofferenza muoiono ed insieme ad esse le funzioni cerebrali collegate dunque si perde l'uso di una gamba o di una mano o il linguaggio. Funzioni che potrebbero essere interamente recuperate ma purtroppo in Italia l'assistenza sul territorio è molto disomogenea. A fare la differenza sono le Stroke Unit presenti soprattutto al Nord. Insomma avere un ictus in Lombardia è meno rischioso che averlo al sud perchè si può essere assistiti subito e meglio. «Nelle Stroke Unit con personale preparato viene immediatamente messa in atto la terapia trombolisi che risolve rapidamente l'ostruzione dell'arteria con la rottura del trombo - spiega Vanacore - Con un intervento entro le tre ore l'ictus non presenta conseguenze. Ecco perchè è così importante non sottovalutare i sintomi».
Purtroppo è anche molto importante trovarsi nel posto giusto perchè la differenza tra regioni è enorme. Su 166 Stroke Unit presenti in Italia 103 sono concentrate al Nord e 39 al centro. Nel Lazio sono 5 e sono tutte a Roma. Il ministero della Salute ha calcolato che ne servirebbero almeno il doppio ovvero più o meno una ogni 200.000 abitanti.
E lo stesso discorso vale per la riabilitazione. «Anche per il recupero della pienezza delle funzioni i tempi sono cruciali - prosegue Vanacore - Non appena si viene dimessi dall'ospedale occorrerebbe iniziare la riabilitazione. Purtroppo manca il collegamento tra ospedale, specialista, fisioterapista, logopedista e medico di famiglia. A quest'ultimo spetterebbe il compito di coordinare l'assistenza del post-ictus. Spesso invece il paziente dimesso aspetta settimane prima di iniziare le terapie riabilitative e le possibilità di recupero totale si riducono drasticamente».
Lo stile di vita nella prevenzione dell'ictus è fondamentale e i fattori di rischio sono identici a quelli dell'infarto: ipertensione, obesità, diabete, scarsa attività fisica.
«Purtroppo gli effetti delle campagne informative per corretti stili di vita si vedono a lungo termine - prosegue Vanacore - Più spesso quindi si preferisce investire su altri fronti che hanno effetti più limitati ma immediati. Ma per migliorare la salute pubblica le strategie devono essere a lungo termine».
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