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Chi è Micalizzi il fotoreporter ferito in Siria

Qamishli (Siria) «Il razzo Rpg mi è passato davanti agli occhi ed è esploso addosso ad un combattente curdo morto sul colpo. Gabriele era poco più in là, ferito al volto dalle schegge». Quando mi arriva (...)

(...) la chiamata del fotografo brasiliano Gabriel Cheim, sulla via del ritorno verso il confine fra Siria e Irak, mi si gela il sangue. Gabriele Micalizzi, il fotoreporter italiano del collettivo Cesura, è stato ferito verso le dieci di ieri mattina sulla prima linea dell'ultima sacca del Califfato in Siria orientale. Da una decina di giorni, assieme a Francesco Semprini de la Stampa, giravamo per il nord est del paese controllato dai curdi delle Forze democratiche siriane. Da quattro eravamo in prima linea sul fronte di Baghuz Tahtany, l'ultima ridotta dei seguaci del Califfo. Domenica pomeriggio abbiamo lasciato Gabriele sul tetto di una casa sbrecciata dai colpi, che la Cnn aveva scelto come postazione per filmare in diretta l'ultimo assalto contro le bandiere nere. Francesco ed io saremmo rientrati il giorno dopo verso l'Irak e l'Italia. Gabriele, che è un fotografo di razza, aveva deciso di restare. «Almeno un'altra settimana per vedere la fine del Califfato» e portare a casa quegli scatti di guerra che ti colpiscano come un pugno allo stomaco.

Subito soccorso da un'ambulanza delle Forze democratiche siriane è stato evacuato in elicottero dagli americani alla loro base presso la raffineria Al Omar, dove dormono anche i giornalisti. Troppo lontano dal fronte per tornare indietro in tempo, mi sono attivato con il consolato italiano ad Erbil e i miei contatti. Se tutto va bene questo articolo uscirà quando Gabriele sarà stato evacuato al Roll 3, l'ospedale americano da campo migliore, a Baghdad.

Per me non è solo un compagno di avventure, ma quasi un figlioccio in cui rivedo lo stesso entusiasmo che avevo nell'infilarmi nel buco nero delle guerre 35 anni fa. Gabriele l'ho conosciuto a Sirte durante una battaglia per liberare la «capitale» libica dello Stato islamico. Lui viene da un mondo diverso dal mio, anarchico e di sinistra, ma in prima linea queste differenze non contano. Ci siamo annusati subito e dopo Sirte abbiamo vissuto assieme la grande battaglia di Mosul, dove Gabriele ha scattato foto eccezionali, che rendevano l'idea della Berlino dell'Isis. Con Semprini, in questo ultimo reportage, gli abbiamo affibbiato il nome di Rino, diminutivo di rinoceronte per la sua possenza. I soldi li fa con le foto di moda ed i video dei trapper, ma la guerra è la sua, nostra, dannata passione. Sullo stesso fronte dove è stato ferito abbiamo filmato fianco a fianco i bombardamenti ravvicinati dei caccia americani e realizzato stand up da film a fianco delle mitragliatrici pesanti dei curdi che sparavano sulle postazioni jihadiste. Sempre attenti ad annusare l'aria, a tenere la testa bassa, a fare un passo indietro, se necessario, ma in guerra tutto è sempre imprevedibile. Sul tetto della Cnn non ci eravamo salutati per bene.

Allora gli ho mandato un messaggio scrivendo «fatti onore e divertiti» per scaramanzia. Solo quando ho sentito la sua voce pimpante in un messaggio vocale dalla base americana ho capito che non ha solo la stoffa del reporter di guerra, ma anche la grinta e la pellaccia dura.

Fausto Biloslavo

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