Coronavirus

Chi si vaccina è al sicuro? Ecco come sapere se l’inoculazione ha funzionato

Il test sierologico aiuta a vedere se gli anticorpi contro il Covid si sono formati, ma ha qualche limitazione

Chi si vaccina è al sicuro? Ecco come sapere se l’inoculazione ha funzionato

Su una cosa gli esperti sembrano tutti d’accordo: anche chi si vaccina rischia comunque di contagiarsi, ma solo in rarissimi casi in modo grave. Esempio sono gli Stati Uniti, dove tra coloro che sono stati immunizzati, i decessi sono stati di uno su un milione. Secondo quanto riportato da Repubblica, i dati ufficiali riguardanti la protezione dei due vaccini a Rna, Pfizer e Moderna, è del 95%, di AstraZeneca del 70% e di Johnson & Johnson del 66%. Il test sierologico può aiutare a capire se dopo la vaccinazione si sono formati gli anticorpi in grado di rispondere al virus, ma anche con questo metodo c’è qualche riserva. Tenendo anche presente che con il test non si riesce comunque a sapere quanto durerà la protezione.

Chi si vaccina è protetto?

Chi si vaccina e vuole proprio sapere se ha sviluppato gli anticorpi può ricorrere al sierologico, ma non quello normale che viene fatto anche in farmacia, pungendo il dito e usando la goccia di sangue, ma di un altro tipo. Infatti, come spiegato da Massimo Clementi, virologo dell'università Vita-Salute del San Raffaele di Milano, ci si deve affidare a test che misurino la quantità di IgM e IgG. Le Ig sono gli anticorpi, ma non tutti sono capaci di bloccare il Covid-19. "In teoria per sapere se siamo protetti dovremmo cercare un particolare tipo di anticorpi: quelli neutralizzanti" ha precisato l’esperto. Questi sarebbero gli unici capaci di rendere inoffensivo il coronavirus. Sottoporsi a tali test non è però semplice come recarsi in farmacia: “Per misurarli serve un test molto complesso, al di là della portata dei normali laboratori di analisi”.

Infatti, per vedere se gli anticorpi prodotti dal nostro organismo riescono a mettere ko il virus, devono essere messi a contatto con il Covid vero e proprio. E questo procedimento non può essere fatto in un laboratorio qualunque. Servono quelli con livelli di biosicurezza alti, che siano autorizzati a operare con microrganismi pericolosi. Un altro modo è ricorrere a pseudovirus sintetizzati artificialmente che non sono pericolosi perché non possono infettare. Anche questa alternativa non è però facile da trasformare in realtà. Insomma, questo genere di test sono possibili solo in alcuni istituti di ricerca e vengono svolti per scopi scientifici. A chi si vaccina non sono neanche necessari perché le normali Ig sono ritenute comunque un buon indicatore del livello di protezione.

Pochi anticorpi dopo il vaccino

Sergio Abrignani, professore di immunologia dell'università di Milano, ha spiegato che solo in rarissimi casi il loro valore, dopo il vaccino, è nullo. Un fatto del tutto eccezionale. "Un certo numero di anticorpi viene prodotto praticamente sempre. Una possibilità più concreta è invece che ce ne siano, ma non molti. Esiste una zona grigia in cui non siamo sicuri se il numero di anticorpi presenti sia sufficiente a proteggere dal contagio" ha aggiunto il professore. E comunque, una buona notizia c’è. Come ha tenuto a precisare Clementi, chi si contagia dopo l’inoculazione del vaccino difficilmente sviluppa una forma grave. Quello che si vuole evitare, ha poi continuato Abrignani, “sono proprio i casi gravi e le morti. I contagi possiamo tollerarli. Sappiamo che il coronavirus non scomparirà, ma quando smetterà di uccidere cesserà di essere l'emergenza che è oggi".

Per quello che riguarda la protezione da ricoveri, terapie intensive e decessi, i vaccini sono più o meno sulla stessa linea. Anche AstraZeneca e Johnson&Johnson hanno mostrato valori molto alti, tra l'80 e il 90%. Chi si vaccina, secondo Clementi è immune. "Può darsi che il virus entri in contatto con le mucose delle vie aeree, nelle quali il vaccino non induce la formazioni di anticorpi. Può anche darsi che lì si replichi un po'. Ma nel momento in cui entrano in azione le difese indotte dall'immunizzazione, la malattia è destinata a fermarsi. Gli inglesi hanno vaccinato moltissimo, usando AstraZeneca, in molti casi senza aver neppure somministrato il richiamo. Eppure da loro la mortalità è crollata" ha aggiunto il virologo. Dopo che negli Stati Uniti sono stati vaccinati con entrambe le dosi 75 milioni di americani, è stata misurata l’efficacia dei vaccini. Si è registrato che i contagi sono stati 5.800, i ricoveri 396 e i decessi 74, ovvero 1 su un milione. Questa è quindi la conferma che i sieri, anche se sono efficaci al 100%, riescono comunque a rendere inerme il virus.

Il calo è normale

Il test sierologico può essere effettuato da coloro che hanno contratto il Covid diversi mesi fa, per poter controllare gli anticorpi. Naturalmente, dopo tanto tempo, “il calo di anticorpi è normale, sia per l'infezione naturale che per i vaccini. Questi ultimi però danno mediamente una risposta migliore e più uniforme rispetto al contagio. Io per esempio sono stato vaccinato con Pfizer dal mio ospedale a gennaio. Potrò andare in vacanza ad agosto in tranquillità? Su questo non c'è certezza. I dati di Moderna parlano di un'efficacia che va avanti per almeno 10 mesi. Ma la durata della copertura è un tema che resta da capire fino in fondo" ha spiegato Clementi.

Quando il conteggio è zero

Quando gli anticorpi non ci saranno più, non è detto che il nostro sistema immunitario non mantenga la memoria, in grado di continuare a proteggerci. Ma ancora non c’è nulla di certo. E non esistono neanche test che possano misurare una eventuale memoria. Per esempio però, sono state riscontrate tracce di immunità in persone che nel 2003 erano rimaste contagiate dal primo coronavirus della Sars. Non si sa se queste sarebbero sufficienti per impedire un nuovo contagio. Può capitare, come spiegato da Clementi, che il conteggio degli anticorpi dia zero in soggetti vaccinati che nelle settimane precedenti all’inoculazione abbiano seguito terapie cortisoniche, o anche in chi è immunodepresso. In questi casi non è ancora stato deciso se procedere con una terza dose di vaccino.

"Ma dal punto di vista immunologico potrebbe avere senso riprovare con un vaccino diverso. Quello Novavax in arrivo in estate usa ad esempio la tecnica delle proteine ricombinanti, accompagnate da sostanze dette adiuvanti che danno una sorta di scossa al sistema immunitario, per indurlo a mettersi al lavoro e produrre anticorpi" ha suggerito Abrignani. Probabilmente non ci basterà terminare l’iter vaccinale per essere al sicuro. Le nuove varianti del virus e il calo degli anticorpi ci porteranno con ogni probabilità a doverci vaccinare periodicamente. Secondo Clementi, se ci fosse bisogno di un richiamo “sarebbe opportuno farlo farlo con un vaccino adattato al ceppo britannico, quello prevalente oggi".

La speranza è che prima o poi il nostro sistema immunitario riesca a rispondere al virus da solo.

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