Chi soffia sul fuoco e chi ignora il fuoco
13 Aprile 2021 - 17:00Adesso, davvero, il tempo brucia. Non c'è sorpresa davanti alla piazza che grida "Io apro". Non può esserci
Adesso, davvero, il tempo brucia. Non c'è sorpresa davanti alla piazza che grida «Io apro». Non può esserci. Si arriva a un punto in cui in tanti non ce la fanno più. Le parole perdono peso e non bastano. La ragione, la pazienza e il buon senso affogano nella paura e poi arrivano il rancore e la rabbia. Le promesse scadono troppo in fretta. È come un incendio. Parte la scintilla e il fuoco divampa e da lì in poi tutto può accadere. Non è mai facile governare queste cose, perché ogni scelta diventa insidiosa, drammatica e ti ritrovi a pregare sulla direzione del vento. I ristoratori si sono mossi per primi. Non è una protesta ideologica. È umana. Molti di loro, dopo un anno, non hanno più riserve. Non hanno risparmi. Non sanno se si dovranno rassegnare al fallimento. Temono di perdere tutto e, soprattutto, non riescono a immaginare un futuro. Tutto questo fa paura e la paura è un combustibile spietato. Cosa chiedono? Certezze. Draghi sconta il passato e la politica dei «temporeggiatori». Tocca a lui però adesso indicare passo per passo come trovare una via d'uscita. Il tempo ha sempre giocato contro, ora di più. Serve acqua e l'acqua non è una promessa.
Dicono: c'è chi soffia sul fuoco. Vero. Ci sono estremisti infiltrati, c'è Casa Pound che alimenta la protesta. Neppure questa però è una sorpresa. C'è sempre chi scommette sul caos. Il guaio è che l'incendio non lo spegni con l'indignazione. Casa Pound c'è ed è un problema. Non può però essere un alibi, perché così si fa il loro gioco. La parola chiave è consapevolezza. Non facciamo finta che tutto finirà con il tempo. È il contrario. Non ci sono solo i ristoratori con la paura nel ventre. La paura si respira ovunque e in ogni casa c'è almeno una persona che, per qualsiasi motivo, sta sbattendo la testa contro il muro. Dopo i ristoratori arriveranno altri. È un contagio anche questo. Siamo al limite e non serve neppure stare qui a passarsi le colpe. È quello che per dodici mesi hanno fatto i partiti. Il timore è che si stia pensando al domani fissando il punto sbagliato: il voto. Questa è l'ultima occasione per cambiare lo sguardo.
Se va male, le elezioni avranno un risultato scontato: perderemo tutti.