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Chi va in piazza non dimentichi i propri errori

Chi va in piazza non dimentichi i propri errori

Oggi Matteo Salvini e Giorgia Meloni scendono in piazza per protestare contro l'insediamento del Conte bis, il governo costruito a palazzo con l'unico scopo di evitare il ritorno alle urne. Ci sta, la protesta è il sale della democrazia. Ma la «piazza» che fa tremare il sistema e sognare gli idealisti è altra cosa, è quella che si riempie spontaneamente sull'onda di un comune sentire, fatta di cittadini comuni e non di politici, militanti e ultrà convocati per l'occasione con giornalisti e tv precettati per tempo.

La vera piazza non la si convoca, si forma spontaneamente, altrimenti è più corretto parlare di comizio, che è altra cosa, una cosa che pur facendo un certo effetto appartiene più ai riti della politica, soprattutto a quella di sinistra. E allora c'è da chiedersi come mai gli italiani non abbiano sentito l'irrefrenabile bisogno di invadere motu proprio le piazze e urlare la loro indignazione per il torto subito. Una risposta possibile è che questo ribaltone è stato più una farsa che un dramma, più una furbata che un sopruso. Ancora oggi non si è capito cosa è successo e perché è successo, se Matteo Salvini è stato la vittima o il carnefice. Perché se non sbaglio è stato lui a voler fare nascere il governo precedente, non meno illegittimo di questo in quanto a rispetto della volontà popolare, ed è stato lui ad affossarlo senza prendere alcuna precauzione per il dopo.

E poi diciamolo: si può andare in piazza contro due come Zingaretti e Franceschini? «Lotta dura senza paura» applicato a questi signori fa ridere, ma anche un «boia chi molla» urlato in faccia al mite Conte mi sembra una bestemmia storica. Per non parlare di Di Maio, quello che ancora la scorsa settimana Salvini voleva premier di tutti gli italiani. Che diciamo a Di Maio? «Sciocchino», «stupidello», oppure «ripensaci, sei uno di noi»?

A scanso di equivoci. Io sono più incavolato di Salvini e della Meloni messi insieme, ma se mettiamo in fila tutto quello che è successo dal 4 marzo 2018 (giorno delle ultime elezioni), il pianto di oggi mi sembra della serie «lacrime di coccodrillo». Se non si fosse fatto lo sciagurato governo tra Cinque Stelle e Lega, oggi la sinistra non sarebbe al potere e Salvini, molto probabilmente, sarebbe da un anno premier con al fianco la Meloni e Berlusconi. Ora la si butti pure in caciara, che tutto fa spettacolo.

Ma poi, per favore, andiamo avanti facendo tesoro degli errori fatti.

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