Le coincidenze verso il Quirinale

In un paese normale ci sono congetture o coincidenze che sarebbero liquidate come storie di fantapolitica o romanzi noir ambientati nel Palazzo

Le coincidenze verso il Quirinale

In un paese normale ci sono congetture o coincidenze che sarebbero liquidate come storie di fantapolitica o romanzi noir ambientati nel Palazzo. In Italia, invece, specie a due mesi dall'elezione del nuovo Capo dello Stato, purtroppo non si può. Per cui analizzare i motivi per cui certa magistratura che subisce il fascino discreto della politica e certi media «fiancheggiatori», trasformati per l'occasione in filiali di banca con la fissazione per gli estratti conto, abbiano inquadrato nel mirino Matteo Renzi proprio ora, non è una perdita di tempo. Anzi. Non fosse altro perché l'episodio si aggiunge alla cronaca politica degli ultimi trent'anni, cadenzata più dalle inchieste giudiziarie e dalle «carte» offerte dalle procure alla stampa, che non dai congressi di partito.

Del resto la ragione per cui il leader di Italia Viva è stato «attenzionato» è palese: Renzi potrà essere anche Matteo «zero virgola», come lo apostrofa con la solita eleganza Travaglio, ma in Parlamento ha quelli necessari per far prevalere uno dei due schieramenti. E in quest'ottica la sua colpa agli occhi della sinistra è quella di non essere affidabile, perché a differenza degli altri piccoli satelliti del Pd rivendica la sua autonomia. Anche nella disputa sul Colle.

Per cui va sottoposto al solito «trattamento», cioè va azzoppato, gli va appiccicata l'immagine del «politico finito», per formargli il vuoto attorno e arruolare qualcuno dei suoi parlamentari (la solita scissione telecomandata), indispensabili per la sinistra per avere più forza contrattuale nel confronto con il centro-destra sul Colle.

In fondo non c'è nulla di nuovo. E' già avvenuto in passato con alcuni degli stessi attori. La vicenda ricorda, infatti, da vicino la scissione di Angelino Alfano da Forza Italia: anche allora il premier era Enrico Letta; anche allora i giudici che si presero la briga di condannare Silvio Berlusconi in un processo farsa ruotavano attorno direttamente, e non, a magistratura democratica; anche allora Berlusconi fu dato per finito e, addirittura, gli fu proposta la grazia in cambio del ritiro dalla politica. L'operazione era quella di mandare avanti il governo Letta con gli «ex» di Forza Italia che seguirono Alfano. Qui, invece, la manovra punta a prendere pezzi da Italia Viva per permettere al Pd di dare le carte per il Quirinale.

L'operazione in quel caso non giovò a Letta, che dopo qualche mese fu sfrattato da Palazzo Chigi. Nè la vittima designata di oggi, Renzi, mostrò grandi doti divinatorie: commentò l'uscita di Berlusconi dal Senato con un improvvido «game over»; previsione del tutto errata visto che il Cav è ancora adesso al centro della politica. Oggi non si sa come finirà, ma forse Letta è stato incauto a mettere quella foto su Twitter, che ritrae il ponce «super sassolino» accompagnato da una frase piena di godimento: «un seratona alla grande...».

Proprio il giorno della pubblicazione dell'estratto conto di Renzi. Una riedizione sotto altre spoglie del «game over». Con il solito problema: se i sassolini non riesci a toglierli tutti dalle scarpe rischi davvero di farti male.

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