I l primo ministro ungherese Viktor Orbán datosi alla caccia alle streghe del passato ha fatto ieri rimuovere dalla piazza del Parlamento la statua di Imre Nagy, da tutto il mondo considerato il martire della rivoluzione antisovietica di Budapest del 1956. Ha agito di notte con rabbia e una buona dose di codardia, come se ignorasse la storia del suo (...)
(...) Paese. Sostiene infatti, Orbán, che il povero Nagy fosse stato durante la Seconda guerra mondiale una spia di Stalin, lo zar rosso dell'Unione Sovietica. Il che può anche essere. Ma nel 1956 Stalin era morto da tre anni e Nagy, benché segretario del Partito comunista ungherese, ebbe il fegato di sostenere i rivoltosi tentando di mediare con Mosca. Purtroppo, non soltanto Nikita Krushov (successore di Stalin) ma tutto il comunismo internazionale pretese che la rivoluzione ungherese fosse schiacciata nel sangue dai carri armati e che la dirigenza comunista di quel Paese pagasse con la vita il disperato tentativo di riconquistare libertà e indipendenza. Nagy durante l'insurrezione fece la spola fra Budapest e Mosca, dove venne illuso sulla possibilità di un accordo che fu firmato e calpestato. A Mosca fu arrestato, processato in segreto e impiccato due anni dopo davanti al mondo inorridito. I comunisti italiani applaudivano, i più onesti lasciarono il partito. Ma i veri autori della repressione ungherese non furono politicamente i soli russi, ma gli italiani guidati da Palmiro Togliatti (sostenuto in questo da Giorgio Napolitano) e i cinesi del governo rivoluzionario di Mao Zedong.
Da Roma e da Pechino arrivò la decisione e l'ordine Togliatti aveva allora un tale potere - di distruggere e giustiziare gli ungheresi che combattevano per la libertà, anche se comunisti, come Nagy. I russi erano divisi fra loro, ma quando l'ordine finalmente arrivò, lo fecero con una brutalità che eguagliava quella dei nazisti. La domanda politica e morale dunque è: Viktor Orbán, nato sette anni dopo la rivolta schiacciata nel sangue, la storia del suo Paese la conosce o no? Purtroppo tutto sembra indicare che sa benissimo come andarono le cose, ma preferisce fare una figura miserabile davanti a tutto il mondo che 62 anni fa si schierò con il suo popolo, pur di sradicare non già il comunismo, di cui esiste soltanto una triste memoria, ma chiunque non sia omologabile al suo nazionalismo nemico di ogni politica liberale. Orbán l'ha dichiarato più volte: il mondo liberale è suo nemico quanto il mondo comunista e mette dunque sullo stesso piano un liberale come Winston Churchill e il nazionalsocialista Adolf Hitler che fu sconfitto dal primo.
Al ministero della Difesa di Budapest sono appesi i grandi quadri oleografici che ritraggono i piloti ungheresi mentre combattono contro i russi, che tuttavia ebbero rispetto per quei dipinti. Lui invece, Orbán, sembra che non rispetti nessuno e in particolare la memoria. Così, con un colpo di mano notturno e senza alcun preavviso ha giustiziato per la seconda volta Nagy colpevole di aver sostenuto la rivoluzione anticomunista del suo popolo, benché fosse il segretario del Partito comunista e persino se Orbán ha ragione cosa che noi ignoriamo un ex agente staliniano.
Verrebbe da dire che Orbán si mette con questo gesto in gara con i peggiori della Terra e della Storia, danneggiando sia la memoria sia la reputazione di un popolo che sugli schermi dei primi telegiornali in Europa combatteva per le strade rubando le armi ai russi, rovesciando tram, sparando e morendo con una eroica leggerezza.
Li vedo ancora quei fantasmi e per motivi d'età penso spesso a loro. Ad Orbán piace invece rimaneggiare la storia seguendo proprio le orme di Stalin che secondo lui aveva arruolato Imre Nagy come agente russo.Paolo Guzzanti
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