Politica

Coraggio, centrodestra

L'alleanza alle consultazioni tra sì, no e astensione. Appello a non sprecare l'occasione di dare un governo serio all'Italia

Coraggio, centrodestra

Non basta il nome di Draghi per avere subito la fiducia. L'incantesimo di Mattarella ha bisogno di un po' di tempo per mostrare i suoi effetti. La politica non può ritirarsi senza neppure inscenare un minimo di resistenza. La mossa del Quirinale svela a tutti che siamo di fronte a una «crisi di sistema». Il «governo del presidente» non è un improvviso atto di narcisismo o una forzatura per rinviare le elezioni. È l'ultima fermata prima del cartello «fallimento». Mattarella tutto questo lo ha spiegato parlando con calma e a voce bassa. L'ultima scelta spetta, come sempre, al Parlamento. È lì che il governo Draghi può diventare realtà.

Non è ancora il momento di fare i conti. I numeri sono sbiaditi e incerti. Non hanno ancora una forma. Tutti i partiti stanno ragionando sul modo migliore per approcciarsi a Draghi. È la fase del prendere confidenza. Ci si annusa. Non ne ha bisogno Matteo Renzi. L'operazione per far saltare il Conte bis doveva portare a questo approdo. Ci è riuscito. È chiaro quindi che, con i suoi 28 deputati e 18 senatori, si prepara a votare la fiducia. E gli altri?

I Cinque Stelle in Parlamento contano tanto: 191 alla Camera e una novantina al Senato. Si è sempre pensato che non si possa formare una maggioranza senza di loro. Ora ufficialmente i grillini si stanno tirando fuori. C'è il no di Grillo, quello di Crimi, quello della corrente Di Battista, Di Maio dice «nessun attacco a Draghi, ma la strada è un'altra». Il problema è che non è facile leggere quello che sta accadendo dentro il Movimento. Le parole dei capi non hanno lo stesso peso di un tempo. Sono pochi quelli che hanno voglia di andare a casa. La resistenza davanti alle elezioni è forte. C'è chi poi vede la stagione Draghi come un'opportunità per ridisegnare il futuro dei Cinque Stelle. Uno di questi è proprio Di Maio, gli altri sono quelli vicini all'ormai ex premier. Conte vede Draghi come l'usurpatore, ma a freddo potrebbe anche sfruttare questa occasione per battezzare un suo gruppo parlamentare di «volenterosi». E non saranno loro a negare la fiducia al governo del presidente.

Il Pd fino a ieri si è impiccato sul nome di Conte. L'avvento di Draghi li rende «malmostosi». Sono i grandi sconfitti di questa crisi di governo. Non possono però dire di no. Senza i grillini non fanno maggioranza (93 deputati e 35 senatori). Lo schema che ha fatto sopravvivere Conte non è replicabile. Serve un nuovo schema, andare oltre i vecchi confini e immaginare qualcosa di alternativo.

Tutte le parole di ieri non hanno più un senso. Non c'è la maggioranza con i centristi. Non c'è quella europeggiante di Ursula. Non c'è neppure il perimetro dove ognuno si era abituato a galleggiare. Franceschini ha proposto ai bersaniani di Leu e ai Cinque Stelle di fare un gruppone parlamentare tutti insieme. È il tentativo di mettere la giacca a Draghi. Non sarà così facile, perché ormai è chiaro che gli equilibri sono saltati e i grillini sono un popolo alla deriva.

Lo stesso ex governatore della Bce non ha troppa voglia di inserire nella sua squadra i notabili del Pd o di qualsiasi altro partito politico. Il rischio è che il governo dell'ultima speranza finisca per morire di veti e litigi.

Il governo Draghi, per navigare libero, dovrà essere tecnico e sostenuto da una «maggioranza Mattarella». È una formula anomala che chiama in causa direttamente il centrodestra. Qui le posizioni sono diverse. Forza Italia è tentata dall'avventura. Questo assomiglia al «governo dei migliori» evocato da Berlusconi. Giorgia Meloni resta invece distante. Il passo in avanti che fa è astenersi sulla fiducia. Tutto il centrodestra. Altrimenti voterà no. La palla passa quindi alla Lega. Giorgetti e gli imprenditori del Nord spingono Salvini a non chiudere le porte. Draghi non è una minaccia ma un'occasione. C'è sempre tempo per andare a votare, ora bisogna salvare l'Italia dal naufragio. Il sì o il no della Lega cambierebbe gli scenari.

La «maggioranza Mattarella» passa dalla Lega. Qualsiasi altra formula sarebbe insidiosa per il futuro del governo. Non ci sono ricette magiche. C'è solo una certezza.

Un no a Draghi ci porta direttamente in Grecia.

Commenti