Coronavirus

Coronavirus, è allarme nei ristoranti cinesi

Il coronavirus continua a fare vittime, le persone hanno paura e i ristornati cinesi finiscono nel mirino, perdendo clienti giorno dopo giorno

Coronavirus, è allarme nei ristoranti cinesi

“Prima fuori dal mio ristorante c’era sempre la fila. Sono spariti tutti. Con il coronavirus ho perso almeno il 50% degli incassi”. Sonia vive a Roma da quasi trent’anni e il suo ristorante all’Esquilino, dove si è stanziata la china town romana, da dieci accoglie migliaia di clienti ogni giorno. É diventata una star Sonia in città. Arrivata persino sul piccolo schermo per parlare del suo ristorante tra i più famosi di Roma, dove bazzicano attori famosi, politici, volti dello spettacolo. Eppure ora, il suo Hang Zhou è semivuoto e alle 13,30 quando entriamo nel locale c’è un silenzio insolito e una quiete spaventosa.

Sono 1.383 i decessi da coronavirus in tutto l’emisfero.Tutti in Cina, escluso due: uno a Hong Kong, in Giappone e un altro nelle Filippine. Mentre, i contagi, salgono a 64mila. Numeri che spaventano e descrivono un’epidemia senza precedenti. L’allarme mondiale lanciato dall’OMS ha messo in allerta anche l’Italia. Qualche settimana fa, nella capitale erano stati intercettati due cinesi risultati positivi al virus letale. Ma dall’inizio dell’emergenza ben 66 pazienti sono stati sottoposti ai test, di cui 49 sono già stati dimessi. Intanto l’Italia ha blindato i suoi cittadini nello stivale e protetto i confini da ulteriori probabili contagi. A fine gennaio su disposizione delle Autorità sanitarie nazionali, l'Enac ha provveduto a sospendere tutti i collegamenti aerei tra l'Italia e la Cina, fino a nuove comunicazioni.

Intanto però la psicosi aumenta. E dopo il boom di acquisti di mascherine protettive, i cittadini si guardano bene dal frequentare luoghi e attività che abbiano a che fare con i paesi orientali. Da nord a sud, negozi, botteghe, ristoranti cinesi, stanno di giorno in giorno perdendo clienti. Una paura, quella del contagio da Coronavirus, che è sfociata anche in discriminazioni verso i cittadini di nazionalità cinese. Che hanno persino fatto partire la campagna di solidarietà sui social, postando foto con i cartelli: “io non sono un virus”.

Poi la notizia che ha seminato il panico. I coronavirus umani sono in grado di resistere sulle superfici a temperatura ambiente fino a a 9 giorni. Lo ha affermato uno studio da poco pubblicato da alcuni ricercatori tedeschi sul “Journal of Hospital Infection”. Da qui l’attacco ai venditori. Se la merce fosse venuta a contatto con il virus? Si chiedono gli italiani. E le rassicurazioni non hanno mai la presa degli allarmi. "Questo, però, badate bene, significa solo che c'è il virus, perché dati sulla trasmissibilità attraverso il contatto con una superficie contaminata non sono disponibili per il coronavirus”, aveva commentato il virologo Roberto Burioni, sul suo sito “Medical Facts”. Altri dubbi sono stati espressi anche dal direttore del dipartimento di Malattie infettive dell'Istituto superiore di sanità, Gianni Rezza. Che in un intervista a Adnkronos aveva dichiarato: “Lo studio tedesco è stato condotto su altri coronavirus, non su quello emerso in Cina. Dunque questo elemento è ancora da dimostrare, ma il fatto che possa rimanere sulle superfici non fa la differenza: la via di trasmissione da temere non è quella attraverso le superfici contaminate.”

Sonia prova ad urlarlo a gran voce e amareggiata ci chiede: “cosa c’entra il coronavirus con il mio ristorante?” Sostenendo che i suoi prodotti arrivano per la stragrande maggioranza dall’Italia e dopo averci mostrato la cucina giura su un “autocontrollo giornaliero delle norme igieniche”. Per solidarietà alla star degli involtini primavera, nelle ultime settimane, anche il ministro dell’economia Roberto Gualtieri e la sindaca Virginia Raggi sono andati a mangiare da Sonia. Con tanto di foto che non ha tardato ad apparire sulle vetrate della porta principale.

I pochi coraggiosi che incontriamo seduti ai tavoli intenti ad ordinare ravioli al vapore e spaghetti di soia sono convinti e alla domanda sulla paura del virus, Marco risponde con il sorriso: “ho più paura dell’ignoranza.” Eppure la capa ammette che i vecchi clienti le hanno pure confessato: “non vengo più perché i miei amici mi dicono ‘se andiamo da Sonia non torniamo a casa vivi’ ”. Lei, ci ride sù: “io mangio qua dentro ogni giorno, se così fosse sarò la prima morire.” Ma la paura è legittima.

Il virus uccide.

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