Coronavirus

Coronavirus, l’infettivologo: "Perché possiamo reggere una seconda ondata"

Per il professore Massimo Andreoni rispetto a marzo oggi si sa come agire per arginare i focolai di una possibile seconda ondata di coronavirus

Coronavirus, l’infettivologo: "Perché possiamo reggere una seconda ondata"

La seconda ondata di coronavirus ci sarà ma non sarà potente come la prima. Di questo ne è sicuro il professore Massimo Andreoni, a capo del reparto Malattie infettive del policlinico Tor Vergata di Roma. Secondo l’esperto, che è anche direttore della società scientifica degli infettivologi, la tanto temuta nuova ondata in realtà sarà semplicemente la prosecuzione di quella che ha già colpito il mondo. Covid-19, infatti, circola ancora. E ciò è dimostrato dai focolai improvvisi che si riaccendono, come avvenuto al San Raffaele a Roma.

In una intervista rilasciata a Repubblica, Andreoni spiega che è possibile che si verifichi una nuova avanzata del coronavirus ma "avrà certamente le dimensioni della prima e comunque sarà diversa da come ci aspettiamo. Si tratterà probabilmente di un continuum, la prosecuzione di quella che abbiamo attraversato". Secondo l’infettivologo non bisogna preoccuparsi. Perché oggi medici ed esperti sanno già come affrontare il nemico invisibile. "Abbiamo imparato a controllare bene il virus e capito che per interrompere la sua trasmissione bisogna isolare i casi e usare mascherina e distanziamento. Ora quando c'è un nuovo focolaio si attuano subito le misure che bloccano l'ulteriore diffusione dell'epidemia. Nella prima fase invece spesso ci si muoveva in ritardo", ha spiegato.

Andreoni spiega che in autunno probabilmente il virus circolerà un po' di più a causa del freddo e dell'aumento dei contatti negli ambienti chiusi. "Dentro bisogna usare la mascherina, uno strumento che a gennaio non avevamo e sul quale dovremo ancora fare affidamento", ha sottolineato l’esperto. Quest’ultimo ha ammesso che è sbagliato far passare il messaggio che virus si sia indebolito, Per il professore, infatti, la vera questione è dove e chi attacca il microrganismo. "Una cosa è se sta in un condominio della Garbatella di Roma, dove non incontra soggetti fragili. Se entra in un luogo dove ci sono persone in uno stato di salute più precario, come un centro di riabilitazione, i danni li continua a fare. Per questo bisogna ancora fare attenzione. È prematuro dire che abbia perso forza, perché in certe zone del mondo come l'America Latina o gli Usa sta ancora impazzando".

Per questo è necessario mantenere alta la guardia. Anche perché Andreoni ammette che nonostante il grande lavoro svolto fino ad ora, i progressi nell'ambito delle strategie terapeutiche "sono oggettivamente modesti". Il professore spiega che esiste un farmaco antivirale, il Remdesivir, che ha dimostrato una certa attività ma non è in grado di risolvere completamente l'infezione."E gli altri medicinali che stiamo utilizzando e ci possono aiutare- ha aggiunto- ma anch'essi non sono risolutivi nei casi più gravi. Del resto gli studi clinici non ci stanno dando risultati particolarmente rilevanti".

Anche sulla questione degli asintomatici bisogna essere cauti. È vero che sta aumentando il loro numero ma questo accade, ha specificato Andreoni, perché si stanno eseguendo tanti test sierologici. "Queste persone trasmettono l'infezione, anche se in modo meno efficiente. Lo dimostra il fatto che quando analizziamo i contatti degli asintomatici, magari in famiglia, ne troviamo altri".

Il professore, invece, spiega che la situazione della Lombardia, dove ieri è stato registrato l’85% dei nuovi casi totali in Italia, è molto delicata. Andreoni ammette che forse è necessario agire con metodi più duri per contrastare il virus ma "dall'altra parte però è comprensibile come si cerchi di far riprendere la vita economica e sociale".

Per il professore è fondamentale che il sistema sanitario tenga sotto controllo tutte le nuove diagnosi in modo da spegnere sul nascere eventuali focolai epidemici di coronavirus.

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