Tornano le "Messe clandestine"

Il Coronavirus non ferma i cattolici che non vogliono rinunciare alla Messa. E ora si inizia a parlare di "Messe clandestine"

Tornano le "Messe clandestine"

Le chiese, almeno quelle che si trovano nelle zone rosse, sono chiuse in modo ermetico. Alcuni fedeli, anche ai tempi del coronavirus, non ci stanno. E si organizzano in modalità clandestina.

Quelli che partecipano, da quel che sappiamo, cercano tuttavia di rispettare la prescrizione che consiglia di distanziarsi di almeno un metro l'uno dell'altro. Vale per ogni luogo, pure tra gli inginocchiatoi. A pretenderlo, del resto, è il coronavirus. I contagi vanno stroncati. La diffusione pure. E le ritualità dovrebbero attendere. Fino a qualche settimana fa, la natura clandestina delle celebrazioni, a livello mediatico, interessava per lo più una parte di Chiesa cinese. Chi ammette la sua esistenza la chiama "Chiesa sotterranea". Non è pacifico che in Cina ci siano davvero "due Chiese", ma tant'è.

Poi sono spuntate le "sardine", e gli emisferi progressisti hanno equiparato il moto di piazza anti-Salvini alla spinta dei primi cristiani, quelli catacombali. Niente di meno. Ora, però, la tanto ventilata "clandestinità" sembra tornare in auge per davvero. Senza paragoni che possono sembrare fuori luogo. Ma chi decide di celebrare rischia più di qualcosa.

Un episodio lo abbiamo raccontato nel corso di questi giorni: un parroco di Castello d'Agogna è stato denunciato. Il consacrato, forse, non era a conoscenza della sospensione delle funzioni. Comunque sia, un sacerdote che celebra nonostante le disposizioni diocesane, viola una regola calata dall'alto. Dal vescovo, anzitutto. Scovare storie di questo tipo non è facile: chi prende parte alle Messe non lo racconta. Il metodo migliore per evitare l'impasse del blocco dovuto al coronavirus è la trasmissione della Messa via social network: più di qualche sacerdote ha optato per questa soluzione, evitando la clandestinità. Non è proprio la stessa cosa, ma la celebrazione è valida comunque. Circolando sul web, ci si rende conto di come le realtà cattoliche stiano provando a far fronte a quello che, in termini spirituali, non è un problema da poco.

In alcuni casi non si può proprio partecipare al rito. E allora ci si adatta all'alternativa internauta. Nessuno vorrebbe rinunciare all'eucaristia. E quello è un primo aspetto dottrinale e fideistico da prendere in esame quando si tratta di affrontare un tema come questo della sospensione delle Messe. Poi si dibatte pure delle modalità di distribuzione della comunione e della opportunità di scambiarsi comunque un "segno di pace". Le epidemie - ormai lo sappiamo - possono costringere a rinunce varie. Di più di qualche Messa clandestina sta dando notizia il blog di Aldo Maria Valli. "Sono un ribelle per amore, per amore di Cristo, e non sono certo il solo. Insieme a una manciata di altri fedeli eccomi dunque qui, in una chiesa fredda e buia, che però si accende a un certo punto della fiamma della Presenza Reale", ha fatto sapere un lettore del sito del vaticanista.

Le persone, com'è normale che sia, tendono ad evitare di sottoscrivere i messaggi. Quelli che vengono utilizzati, presumibilmente, sono pseudonimi. Le storie però non mancano. Dagospia, per esempio, ha ripreso un articolo di Libero in cui viene citata La Nuova Bussola Quotidiana, che ha ripercorso una vicenda accaduta a Lomellina, dove è partita una segnalazione diretta ai carabinieri. Perché la Messa, nelle zone divenute rosse per via del coronavirus, non si può dire. E bisognerebbe rassegnarsi a quella che per ora è una necessità.

La fede, però, non

ammette troppi ostacoli. Pure perché chi crede, crede pure nella capacità curativa della preghiera collettiva, cui qualcuno proprio non vuole rinunciare. La Messa, poi, possiede specifiche tutte sue. Clandestina o no che sia.

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