Cronache

Così la Guardia di Finanza dà la caccia ai finanziatori dell'Isis

Istituito dalla Guardia di Finanza il nuovo Gruppo investigativo sul finanziamento al terrorismo (Gift), per controllare le transazioni sospette dei finanziatori italiani dell'Isis

Così la Guardia di Finanza dà la caccia ai finanziatori dell'Isis

Non solo ideologia e fanatismo. A garantire ossigeno e sopravvivenza al sedicente Stato Islamico è anche e soprattutto il denaro. Frutto di traffici illeciti, ma anche di piccoli finanziamenti e donazioni, continua ad abbondare nelle casse dell’Isis e a finanziare le sue azioni criminali in tutto il mondo.

Privare i jihadisti di una delle principali fonti di ossigeno dell’organizzazione, assume quindi un’importanza cruciale nel quadro delle attività di antiterrorismo. Per questo motivo, dallo scorso primo di agosto, la Guardia di Finanza sta lavorando a pieno ritmo per individuare e bloccare i movimenti finanziari che sembrano essere destinati alle casse dei jihadisti, attraverso l’attività del Gruppo investigativo sul finanziamento al terrorismo (Gift). Un comando iper-specializzato, istituito nell'ambito del Nucleo speciale di polizia valutaria, per volere del comandante generale della Guardia di Finanza, Giorgio Toschi.

Sottolineano, infatti, in una nota, da viale XXI Aprile, che “è una decisa, concreta volontà del comandante generale Toschi di riaffermare l'impegno delle Fiamme gialle su questo fondamentale e delicato fronte”. Quello del contrasto al finanziamento del terrorismo, “che riguarda le primarie esigenze di sicurezza dei cittadini". Lo stesso generale Toschi, intervenendo in un’audizione al Copasir pochi giorni fa, aveva, infatti, posto l'accento proprio sulla "necessità di proseguire nello sviluppo di azioni sempre più volte all'individuazione dei flussi finanziari originati e diretti verso le organizzazioni terroristiche".

La “scuola”, del resto, è quella dell’Antimafia. Ed in particolare, di quella del giudice Giovanni Falcone, che tra le regole per il contrasto alla criminalità organizzata includeva quella del “Follow the money”. Che, tradotto, vuol dire seguire i flussi di denaro. E tagliare in questo modo l’ossigeno, tanto alla criminalità organizzata, quanto allo Stato Islamico. L’esperienza accumulata negli anni con la lotta alla mafia, viene utilizzata oggi dagli uomini della Guardia di Finanza per combattere i finanziatori del Califfo, a casa nostra. Se è vero, infatti, che gran parte del denaro che finisce nelle casse dei jihadisti proviene dal contrabbando di petrolio, dalle armi, dalla droga e dal traffico di opere d’arte, è vero anche che gran parte dei soldi che finiscono nelle casse dell’Isis arrivano da finanziamenti, di diverse entità, che viaggiano sui circuiti finanziari legali. E che spesso sono talmente piccoli, da confondersi tra milioni di transazioni effettuate ogni giorno nel nostro Paese.

Prestanome, società di copertura, riciclaggio, “money-dirting”. Sono, infatti, solo alcune delle tecniche a cui ricorrono le formazioni jihadiste per sfuggire ai controlli. Secondo i nostri servizi segreti, infatti, per garantire l’afflusso di fondi all’organizzazione, i jihadisti impiegano spesso “prestanome, di società di copertura e di operatori finanziari compiacenti, convenzionali e non, sovente localizzati in aree scarsamente regolamentate". E poi c’è il fenomeno del cosiddetto “money-dirting”, ovvero quei fondi raccolti secondo “modalità formalmente lecite”, che vengono poi indirizzati ai gruppi terroristici.

Ma non solo. I flussi di denaro diretti che arrivano nelle casse dell’Isis viaggiano anche su canali accessibili a tutti. Come quelli delle carte prepagate, delle card telefoniche, dei canali bancari informali, dei trasferimenti di denaro contante nelle aree aeroportuali internazionali, e delle famose agenzie di money transfer, che sono presenti nel nostro Paese con un migliaio di agenzie. E sono difficilmente controllabili.

Parte degli agenti che operano in Italia, gli agenti di “intermediari comunitari”, si legge nella nota delle attività diffusa dalla Guardia di Finanza, non sono tenuti, infatti, ad iscriversi all’albo gestito dall’organismo degli Agenti e dei Mediatori. “Un’asimmetria” che pone dei problemi relativamente al “rispetto dei requisiti di onorabilità e professionalità” che sono tenuti a rispettare, al contrario, coloro che risultano iscritti all’albo. Proprio per le agenzie di money transfer, la Guardia di Finanza, ha quindi messo a punto una serie di nuove modalità di controllo.

Oltre a ciò, il Gift, si occuperà di monitorare “operazioni sospette” e di “mettere a sistema le fonti informative inoltrate dalle Financial intelligence unit e dall'Unità di informazione finanziaria (Uif) della Banca d'Italia e tutte le altre informazioni originate dalla cabina di regia costituita in seno al Comando generale”. Un’attività che appare tanto più necessaria se si osservano i dati relativi alle transazioni considerate “sospette” per “presunto finanziamento al terrorismo”. Nel 2015 sono state delegate per gli sviluppi investigativi 429 segnalazioni, che sono diventate 696 nei primi mesi del 2016.

Un dato preoccupante, che mostra un fenomeno in forte crescita, e che necessita per questo di una risposta da parte delle istituzioni, per garantire il livello massimo di sicurezza dei cittadini.

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