Così papa Francesco ha cambiato la Chiesa in sei anni

Il 13 marzo di sei anni fa veniva eletto al soglio di Pietro Jorge Mario Bergoglio. Un bilancio di questi primi sei anni del Papa argentino

Così papa Francesco ha cambiato la Chiesa in sei anni

Papa Francesco è stato eletto il 13 marzo di sei anni fa. Ci si aspettava un pontefice di rottura. Era una scelta che i cardinali riunitisi in Conclave ritenevano evidentemente necessaria per una Chiesa cattolica che appariva stantia, bloccata tra gli scandali e l'incapacità di portare avanti le riforme considerate necessarie, come quelle sulla trasparenza.

Rispetto agli scandali legati agli abusi, a dire il vero, Joseph Ratzinger era già stato incisivo: è il recordman per numero di sacerdoti "spretati" in seguito all'emersione di casi ritenuti credibili o provati. Bergoglio ha di sicuro trovato degli ostacoli in questo cammino - il cosiddetto "blocco" che impererebbe in Vaticano da almeno tre pontificati, ma è - ancora oggi - un vertice spirituale ed ecclesiastico inviso, e persino contestato, a chi e da chi - partendo da posizioni conservatrici più che tradizionaliste - ha tirato in ballo una serie di questioni divisive per l'intera durata dei sei anni, a partire dall'esito del Sinodo sulla famiglia. Dubbi, in un caso "dubia", quelli su Amoris Laetitia e la concessione della comunione ai divorziati risposati, che hanno accompagnato - specie per mezzo di polemiche e pubblicazioni - lo svolgimento del magistero.

In Europa - abituati com'erano, e come siamo, a un certo centralismo e a una certa impostazione teologica - si sono dovuti arrendere: l'ex arcivescovo di Buenos Aires ama le periferie e non sembra assecondare più di tanto le gerarchie vigenti. Alle prassi precostituite e alle abitudini pontificie, il papa regnante preferisce l'uscita della Chiesa dalle sua dimensione clericale: possiamo elencare il numero di visite apostoliche fatte, ma è facile pure annoverare tutti quei luoghi solitamente selezionati per donare alla Ecclesia dei cardinali. Non sono poche le arcidiocesi che oggi, per la prima volta, non possono vantare di aver espresso un porporato. Quello che riguarda Milano è uno di questi casi. Sono questioni diverse, ma semplificano, spiegando il modus operandi di Francesco. Partendo da queste poche riflessioni, diviene più semplice comprendere come mai Bergoglio insista così tanto sull'accoglienza dei migranti, che è - insieme alla dottrina e alla gestione governativa della Santa Sede - il punto che solleva più critiche, tutte provenienti dal cosiddetto "mondo tradizionale": la sua missione sembra quella di spostare il baricentro del cattolicesimo verso le estremità esistenziali, che è un disegno percepito come troppo pragmatico da chi si aspetterebbe qualcosa di più in termini spirituali.

Il riformismo doveva essere declinato per mezzo di un consiglio ristretto composto da fedelissimi del papa. I nove erano stati chiamati per modificare nel profondo i meccenismi curiali. Ma proprio il C9 - pure per via degli scandali - è stato ridotto a un C6. Il "cerchio magico" del pontefice argentino è stato interessato da quella "crisi di credibilità" cui il Santo Padre ha fatto fronte, di recente, convocando un summit straordinario sulla prevenzione degli abusi ai danni dei minori e degli adulti vulnerabili. I cardinai Pell ed Errazuriz sono i due porporati del C9 finiti nella bufera, ma per motivi diversi. Il secondo è solo accusato di coperture, mentre il primo, ex prefetto della Segreteria per l'Economia, è stato soggetto a una condanna per abusi da parte della giustizia australiana. Un terzo si è dimesso banalmente per limiti d'età. Poi c'è stato il caso di "Zio Ted", il potente cardinale americano - finito al centro del "dossier Viganò - che è stato prima "scardinalato" e poi ridotto allo stato laicale. La vicenda dell'ecclesiastico americano ha tenuto banco per tutta la passata estate.

Dal punto di vista diplomatico non si può non citare lo storico accordo sulla nomina dei vescovi stipulato con la Cina. Qualcuno - come il cardinale Zen - pensa che la Chiesa abbia abdicato a se stessa. Poi ci sono i rapporti con i grandi leader politici del mondo: papa Francesco non sembra apprezzare più di tanto la visione del mondo di Donald Trump, ma la segreteria di Stato mantiene rapporti più che positivi con la Russia di Vladimir Putin. La Chiesa cattolica, "grazie" alla scelta ricaduta sul cardinale Parolin, si è riseduta - come già abbiamo avuto modo di scrivere - al tavolo della geopolitica. Di punti da sciorinare ce ne sarebbero molti: uno che viene spesso sottolineato nelle analisi sul pontificato del gesuita riguarda le modalità di dialogo selezionate per avere a che fare con le altre confessioni religiose: illuminanti e aperturiste per alcuni, pressapochiste e un po' azzardate per altri.

Questo che il papa ha davanti, comunque la si pensi, è un anno davvero denso d'insidie. Bisognerà capire, anzitutto, quali effetti concreti seguiranno al "sinodo straordinario" - come alcuni lo hanno chiamato - sugli abusi.

A ottobre si svolgerà il Sinodo sull'Amazzonia, che dovrebbe disporre riguardo ai viri probati, quindi sulla parziale laicizzazione della vita della Chiesa. Sullo sfondo, infine, quella sorta di monito lanciato dal cardinale Kasper, bergogliano doc, che ha parlato di "nemici di Francesco" impegnati a osteggiare il papato. Il fine presunto? Un "nuovo Conclave".

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