Cronache

"Vietato dire orso ammazzato". Le follie del politicamente corretto

Il saggista e pedagogista Franco Nembrini: "Lobby grandi o piccole, spesso danarose, impongono un'idea strumentale nel nome di una presunta minoranza"

"Vietato dire orso ammazzato". Le follie del politicamente corretto

Ossessione per diritti civili, esaltazione vittimistica delle minoranze, cancel culture: l'ideologia del politicamente corretto, dai campus universitari degli Stati Uniti al mondo dello spettacolo, sta penetrando e modificando la nostra cultura occidentale. Un'ideologia che ci impone cosa dire e cosa non dire, e ha l'ambizione di riscrivere la storia secondo gli occhi della modernità, come del resto fa ogni ideologia totalitaria che si rispetti. Un fondamentalismo soft, ma pur sempre un fondamentalismo, che non lascia spazio a nessun tipo di confronto: chi non si adegua è omofobo, razzista, intollerante, nel migliore dei casi. I suoi sostenitori affermano che il politicamente corretto non esiste, ed è un'invezione della destra per delegittimare le lotte e rivendicazioni delle minoranze etniche o di genere, forse ignorando l'esistenza del capolavoro del geniale polemista Robert Hughes La cultura del piagnisteo. La saga del politicamente corretto (Adelphi) del 1993.

Intervistato da Il Giorno, il noto saggista e pedagogista Franco Nembrini, classe 1955, già presidente della Federazione Opere Educative (Foe), tra i massimi studiosi al mondo di Dante, racconta come il politicamente corretto abbia la pretesa di riscrivere non solo la storia, ma anche la realtà. L'episodio che racconta è piuttosto significativo: "Avevo gemellato la mia scuola con un liceo russo. Ci hanno regalato un orso siberiano imbalsamato, alto quasi tre metri, e volevo mostrarlo ai bambini delle elementari. Dieci classi in totale, erano eccitatissimi. Un attimo prima una prof mi ha avvertito: se dici che l'animale è stato ammazzato, un gruppo di mamme ti denuncia a Wwf e ambientalisti. Non vogliono che i figli patiscano uno choc". Preso atto dell'assurda richiesta, Nembrini a quel punto ha spiegato alla scolaresca "che in Siberia fa tanto freddo e l'orso era morto di polmonite". Il cervello dei bambini, tuttavia, funziona meglio di quello degli adulti: "Il giorno dopo abbiamo chiesto la loro impressione. Risposta in coro: l'ha ammazzato un cacciatore, altro che polmonite. Il cervello dei bambini funziona". Per quanto riguarda gli adulti, invece, "se la cultura rinnega se stessa, le radici, le tradizioni, allora non è più cultura. Tutto e il contrario di tutto diventa sciaguratamente possibile".

La colpa di tutto è dell'ideologia, appunto. "Il principio di realtà è sotto assedio - sottolinea Nembrini -e perfino le più evidenti come un orso imbalsamato vengono messe in discussione. Chesterton aveva denunciato la grande marcia della distruzione intellettuale che tutto nega. Lobby grandi o piccole, spesso danarose, impongono un'idea strumentale nel nome di una presunta minoranza". In questo relativismo assoluto, dunque, "a prevalere è il caso assoluto. Dostroevskij scrive ne I fratelli Karamazov: se Dio non esiste ogni cosa è permessa. La fede è una scelta individuale, ma c'è una realtà oggettiva che non va tradita. Cito ancora Chesterton: dovremo difendere con le spade il fatto che le foglie sono verdi d'estate". Per quanto concerne la cancel culture e la furia iconoclasta che abbatte le statue, il parere di Nembrini è lapidario: "Quando il nuovo passa per la distruzione del vecchio, senza contestualizzarlo, si fa poca strada. Del resto abbiamo espulso il latino dalla scuola". Quello del politicamente corretto, infatti, è un presente senza fine dove tutto ciò che non si adegua ai nuovi dogmi della correttezza politica viene rimosso o distrutto.

Proprio come accade nei regimi non democratici.

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