Coronavirus

Il Covid "gonfia" il pancreas: "Ecco come scatta l'attacco"

Il Prof. Massimo Falconi, Direttore dell'Unità di Chirurgia del Pancreas al San Raffaele di Milano, ci ha spiegato che il virus attacca raramente il pancreas e, quando avviene, si tratta per lo più di vie "indirette". Ecco cosa succede

Pancreatite cronica non Covid
Pancreatite cronica non Covid

Covid può colpire anche il pancreas, ma nella maggior parte dei casi sembra avviene per meccanismi "indiretti". Ne abbiamo parlato in esclusiva con il Prof. Massimo Falconi, Direttore dell'Unità di Chirurgia del Pancreas, nonché Direttore del Pancreas Translational & Clinical Research Center dell'Irccs Ospedale San Raffaele di Milano e Professore Ordinario di Chirurgia all’Università Vita-Salute San Raffaele.

Prof., si dice che il Covid possa colpire anche il pancreas. Se sì, in che modo?

"Ci sono due ipotesi di meccanismo: il primo è tramite un recettore, chiamato Ace2, presente anche sulle cellule pancreatiche. Avere un punto d'attacco dà la potenzialità al virus di entrare all'interno delle cellule, infettarle e fare danno. L'alta ipotesi è un meccanismo indiretto: la pancreatite acuta è un fenomeno per cui, gli enzimi secreti dalle cellule pancreatiche, invece di essere attivati in duodeno dove fisiologicamnte aiutano alla digestione del cibo, si possono attivare in maniera inappropriata all'interno del pancreas stesso. Avviene, così, l'attivazione di una cascata enzimatica in un 'luogo' inappropriato e c'è l'autodigestione della ghiandola, chiamata appunto pacreatite acuta".

Come si sviluppa la pancreatite acuta?

"Le cause più frequenti sono i calcoli biliari ma c'è una modesta percentuale di pancreatiti acute anche su base vascolare. L'ischemia, ad esempio, può determinare anche lo scatenarsi di una pacreatite acuta. È un fattore causale raro ma che esiste. Quindi, siccome questo virus ha un tropismo particolare per i piccoli vasi e crea una sorta di infiammazione dei vasi, quindi un'endotelite, può colpire il pancreas in maniera indiretta creando una condizione ischemica che può scatenare la pancretite".

Qual è la sintomatologia e come viene scoperto?

"In quella che viene chiamata la 'classificazione di Atlanta': un innalzamento degli enzimi pancreatici, almeno tre volte il limite superiore di normalità, accompagnati da una sintomatologia dolorosa tipicamente pancreatica. Tuttavia, in un malato sedato ed intubato, che non sente il dolore, rilevare la presenza del dolore è qualcosa di molto opinabile. Per quello che sappiamo fino a questo momento, l'organo ne può essere affetto ma non è il driver delle principali complicanze correlate alle forme più gravi legate all'infezione da Covid-19".

Quindi, una persona non si accorge che è stato attaco il pancreas in maniera diretta?

"È estremamente raro. In una serie di pazienti che avevano un coinvolgimento pancreatico, soltanto tre di loro presentavano sintomo clinici compatibili con una pancreatite. Ovviamente, anche tutto il sistema gastrointestinale ne è coinvolto. Quindi, nelle forme più gravi di infezione, i pazienti possono lamentare diarrea ed una sintomatologia addominale. Il pancreas può essere colpito ma, come detto prima, non è il driver delle complicanze legate alla malattia".

I danni che può provocare il Covid sono simili ad altre patologie che colpiscono il pancreas? Se si, quali?

"Quando l’infezione virale colpisce la ghiandola pancreatica, il quadro è quello della pancreatite acuta edematosa, cioè la forma più lieve di pancreatite. Negli articoli pubblicati in letteratura dell'esperienza cinese, i pazienti che hanno eseguito una tac dell’addome in cui è stato riscontrato un coinvolgimento del pancreas non si è mai rilevata necrosi, che è la forma più grave della pancreatite. Il coinvolgimento c'è ma è un “rigonfiamento”, un edema della ghiandola che non sembra portare ad un danno così sostanziale da poter essere realmente un problema".

Qual è la percentuale di persone colpite al pancreas?

"Non è l'organo più colpito ma in una percentuale di pazienti intorno al 10-15%, quando vengono effettuate le analisi al sangue di routine, si assiste ad un innalzamento degli enzimi pancreatici che sono le amilasi e le lipasi. Questo innalzamento, di per sè, non rappresenta una pancreatite ma indica, in qualche misura, un coinvolgimento dell'organo. Tramite una Tac nei pazienti con le forme più gravi, nel 7% della percentuale di prima si è riscontrato anche un cambiamento morfologico della ghiandola, con un ingrandimento della stessa come si osserva durante la pancreatite acuta".

Alcuni farmaci usati per la "cura" del Covid-19 possano creare dei danni?

"Questi malati ricevono una quantità indescrivibile di farmaci, in alcuni ad alto dosaggio come il cortisone, che di per sè può rappresentare un causa di pancreatite. Probabilmente il virus colpisce anche le ghiandole pancreatiche e salivari e si può ipotizzare che il danno non sia legato necessariamente al virus ma potrebbe anche essere legato ai farmaci utilizzati per cercare di curare la malattia".

C’è una categoria di persone che colpisce maggiormente?

"Un coinvolgimento pancreatico è più frequente nei pazienti che hanno una forma più grave della malattia Covid, in coloro nei quali è più aggressiva. Le forme peggiori le hanno gli uomini, coloro che hanno una certa età ed i pazienti con comorbidità. Si può, quindi, ipotizzare per proprietà transitiva, che gli stessi fattori di rischio lo siano anche per il coinvolgimento pancreatico".

Ci sono esami strumentali che individuano la presenza di Covid?

"No, non si riesce ad individuare. C'è qualcuno che ha studiato questo aspetto facendo biopsie pancreatiche ma è un aspetto legato alla ricerca, non ad una diagnostica di routine. Si vede l'eventuale danno nel contesto dell'infezione, nei rari casi in cui il pancreas è interessato".

C’è una terapia specifica per curare i danni che provoca il virus?

"La terapia intensiva che viene utilizzata per 'curare' i malati affetti dalle forme più grave dell'infezione è mirata a risolvere il problema del Multiple Organ Failure (Mof), tipica delle forme più gravi della malattia. La terapia intensiva dà sostegno agli organi in attesa che l'organismo abbia ragione del virus".

C’è una terapia specifica per prevenirlo?

"Non per prevenire la pancreatite che, come detto, è secondaria all'infezione del virus".

Commenti