Ai suoi, nei pour parler di queste ore, Matteo Renzi ha giurato di voler andare fino in fondo nella sua battaglia contro la prescrizione «made» by Bonafede. Un crescendo. «Noi in questa battaglia in difesa della civiltà del diritto ha spiegato non ci tireremo indietro all'ultimo momento. Se non ci daranno una mediazione, noi voteremo per far saltare quell'obbrobrio di provvedimento o, almeno, per rinviarne l'applicazione. E ricordo che alla Camera la maggioranza non è blindata, visto che ci sono 3-4 voti di differenza se noi votassimo con l'opposizione. Se, invece, troveranno il modo di non farci votare, ridaremo battaglia al Senato. Al costo di utilizzare l'arma atomica, una mozione di sfiducia individuale contro il ministro Bonafede». Ed ancora: al momento il leader di Italia Viva esclude categoricamente l'intenzione di aprire una crisi di governo. Ma nei conciliaboli un'ipoteca sul futuro la pone, eccome. «Se mi chiedete se questa legislatura andrà avanti fino al 2023, io è la sua profezia dico di sì. Se mi interrogate sul destino del governo rispondo che dipende da cosa riuscirà a combinare Conte. Il tagliando si farà alle prossime regionali. A maggio. Dovremo guardarci tutti negli occhi: basta guardare i dati Istat per capire che con il Pil a -0,3% siamo nell'anticamera della recessione, se non un passo dentro. Se l'esecutivo non troverà una terapia efficace per la nostra economia può succedere di tutto. Ci vuole un governo all'altezza, se poi a guidarlo sia lo stesso Conte, o una personalità del Pd a cominciare dallo stesso Zingaretti, o meglio ancora, data la situazione, Mario Draghi, a me va bene lo stesso».
Renzi, quindi, è pronto a tutto. Uno immagina che di fronte a questa prospettiva, con tutti gli avvocati, tre quarti dei magistrati e buona parte degli opinionisti, escluso Travaglio, schierati contro Bonafede, tra i grillini ci sia una reminiscenza di saggezza, invece, almeno a parole, no. Al massimo puoi trovare un atteggiamento problematico in qualcuno. «Mi chiudo osserva il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Federico D'Incà in un silenzio amletico. E confido nel fatto che abbiamo tre anni per trovare la quadra». L'unico che si affida alla prudenza è Alessandro Amitrano: «L'ipotesi più semplice sarebbe il rinvio dell'applicazione della nuova norma sulla prescrizione, ma a noi non piacciono le cose semplici». L'atteggiamento di fondo dei 5 Stelle però non è questo, viziato com'è da una sensazione rischiosa, e speculare, a quella del leader di Italia Viva: la credenza popolare è che Renzi non faccia sul serio. «Nessun passo indietro né tentennamento è il grido di battaglia di un dimaiano di ferro come Gabriele Gubitosa se no perdiamo consensi: se è no, è no; se è si, è si. Il resto viene dal maligno». Ancor più esplicito Luca Carabetta, che pure è un grillino di ispirazione democristiana: «Renzi abbaia, ma non morde. Prima di votare in dissenso dalla maggioranza quelli di Italia Viva si assicurano sempre che il governo abbia i voti». Ancor più tranchant uno dei pochi grillini con un presente accademico, Mario Bella: «Matteo non conta nulla».
A vedere questi due treni ad alta velocità che corrono l'uno contro l'altro, qualcuno si aspetterebbe la tensione che accompagna ogni epilogo drammatico. Invece, neppure per idea. Salta, infatti, subito agli occhi una contraddizione, che è alla base di questa fase politica: la convinzione che non ci saranno le elezioni anticipate, spinge tutti ad azzardare, a tentare tripli salti mortali carpiati sul trapezio, confidando nella rete di sicurezza che sulla carta offre una legislatura blindata. «Tutti sono convinti spiega l'ex segretario della Cgil, Guglielmo Epifani, finito nelle file di Liberi e Uguali che tra il referendum sulla riduzione dei parlamentari di cui Mattarella garantirà lo svolgimento e la necessità di decidere i nuovi collegi con i nuovi numeri del Parlamento, sarà impossibile votare, anche in termini teorici, prima di luglio o addirittura dell'autunno. Per cui tutti minacciano. In più c'è il problema che i grillini sono fuori dalla realtà. Non si rendono conto che sulla prescrizione hanno contro tutti, a parte Il Fatto. Il loro vero problema è proprio quello di emanciparsi dal Fatto».
A questo si aggiunge un altro elemento: l'approdo ad una legge proporzionale, spinge tutti i partiti ad esplorare altre strade, ad immaginare alleanze e scenari che erano inconciliabili con il maggioritario. Per farlo devi lanciare dei segnali oggi, per raccogliere i frutti domani. Ad esempio, lo scontro sulla prescrizione serve a Renzi per posizionarsi su una linea mediana tra i due vecchi poli. «Io ammette Giorgia Meloni non ho mai avuto in simpatia Renzi, ma la sua è una battaglia in difesa del diritto». «Matteo ammette Renato Brunetta, che ha ipotizzato un governo centrodestra più Italia Viva non ha le stimmate del Pci, ma quelle dei popolari». Inoltre questa operazione mette Renzi in sintonia con altri spezzoni moderati - da Italia Viva, a Calenda, all'area di Mara Carfagna che alle prossime elezioni potrebbero correre insieme. «Il 26 febbraio annunciava tempo fa Matteo Richetti discuteranno attorno ad un tavolo Calenda, la Carfagna e la Boschi». «Abbiamo tre anni per lavorare spiega il forzista carfagnano Paolo Russo e mettere in piedi un'area di centro che vada da Italia Viva a Mara, ago della bilancia nell'ipotesi sia di un governo di centrosinistra, sia di un governo di centrodestra». È proprio la ragione per cui il Pd non vuole darla vinta a Renzi sulla prescrizione. «Non possiamo confida il responsabile per la giustizia, Walter Verini - dargli lo scalpo di Bonafede. Non può averla vinta». «Si può cambiare la norma Bonafede rimarca il vicesegretario Andrea Orlando senza votare con Salvini».
Prova generale per questi nuovi «schemi di gioco», naturalmente potrebbe essere anche un cambio del quadro politico nei prossimi mesi, di fatto un nuovo governo. Una sorta di rimescolamento, determinato dalla necessità di fronteggiare in maniera più efficace la crisi economica. È il piano che secondo gli altri leader della maggioranza giallorossa coltiva Renzi, magari all'indomani della partita sulle nomine. «È la prospettiva di fondo osserva Federico Fornaro di Liberi e Uguali dello scontro tra Italia Viva e i grillini sulla prescrizione. E questi ultimi per stare dietro al Fatto, che per loro equivale al Vangelo, stanno dando una mano a Renzi, gli stanno offrendo l'occasione per far fuori Conte. Un'operazione pericolosa, perché venuto giù l'attuale premier i 5stelle potrebbero esplodere».
E torniamo ai giochi pericolosi sul trapezio: anche la rete più sicura non impedisce l'incidente, l'imprevisto; così si potrebbe partire dalla crisi di governo e nel giro di sette-otto mesi ritrovarsi a gestire le urne anticipate. È proprio questo esito drammatico che Conte paventa quotidianamente per essere più forte. Ed è il rischio da scongiurare che è alla base del sodalizio tra lui e la compagnia della «prudenza», quella che va da Gianni Letta a Dario Franceschini.
«L'operazione per un nuovo governo è il ragionamento pragmatico di quest'ultimo non la reggerebbero né Zingaretti, né il Quirinale, né i grillini. Io? Non sono interessato a fare tanto casino per stare un anno a Palazzo Chigi».
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