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"Il Ddl Zan così non funziona". La sinistra smonta la legge

Eppur si muove. Anche il mondo Lgbt e la galassia dei movimenti femministi storcono il naso di fronte al ddl firmato Alessandro Zan

"Il Ddl Zan così non funziona". La sinistra smonta la legge

Eppur si muove. Anche il mondo Lgbt e la galassia dei movimenti femministi storcono il naso di fronte al ddl firmato Alessandro Zan. In discussione non c'è il reato di omotransfobia - per quanto lasciato volutamente a un'ampia interpretazione giurisprudenziale - ma il manicheismo di alcuni articoli del provvedimento firmato dal deputato Pd. Il primo segnale era stato lanciato nelle scorse settimane con un appello firmato da 161 tra politici, intellettuali, professionisti e simpatizzanti di Pd e Italia Viva come la regista Cristina Comencini, il filosofo Beppe Vacca e l'ex europarlamentare Silvia Costa, nel quale si definiva la norma una «proposta pasticciata, scritta male, che introduce una confusione antropologica che preoccupa».

«È sacrosanto opporsi alle pulsioni omofobe, transfobiche, misogine, abiliste. E eventualmente legiferare in questo senso», scriveva ieri il manifesto in un articolo ripreso su Facebook da un mostro sacro del movimento gay come Aurelio Mancuso. Ma «una malaccorta enumerazione di concetti e termini quali sesso, genere, orientamento sessuale, identità di genere irrigidisce normativamente una discussione ancora del tutto aperta dal punto di vista scientifico, filosofico, politico, simbolico», spiega il quotidiano di sinistra. Nel mirino alcuni passaggi molto discutibili per le conseguenze sul piano normativo, come l'idea di separare il sesso «biologico o anagrafico» con un genere «percepito» anche se «non corrispondente al sesso, indipendentemente dall'aver concluso un percorso di transizione», come se ci si potesse svegliare uomini o donne al mattino, a seconda del piede col quale si scende dal letto. Un «neutro indifferenziato» dal sapore patriarcale che peraltro cozza con la Costituzione, come osserva Avvenire, dove all'articolo 3 si parla di «pari dignità sociale» di tutti i cittadini «senza distinzione di sesso...». È dunque sbagliata «l'identificazione per legge di un gruppo di cittadini distinti dagli altri per un criterio soggettivo come l'identità di genere». «Il problema dell'omo-lesbo-transfobia non risiede nel modo in cui è strutturata la società - dice il teorico queer Federico Zappino -, il problema è che alcuni individui hanno la testa imbevuta di pregiudizi». Per usare le parole della filosofa Ida Dominijanni, riprese su Twitter da Christian Raimo, «non è utile pensare di compensare un vuoto politico con un pieno giuridico». Diversamente, «il rischio è di trasformare una legge pensata per difendere alcune libertà in una legge destinata a offenderne altre», osserva il direttore del Foglio Claudio Cerasa, che denuncia «il pericolo di considerare reati le opinioni». Stessi distinguo sollevati da Luigi Manconi su Repubblica qualche giorno fa. Tanto che tra le affermazioni che rischiano di essere sanzionate c'è anche la condanna all'utero in affitto che, come ha ricordato la presidente di Arcilesbica Cristina Gramolini al Corriere, «con il ddl Zan viene considerato omofobia».

E le femministe? Per Francesca Izzo «aver esteso il ddl Zan anche ai reati di misoginia e disabilità fa regredire le donne nel passato» mentre Marina Terragni ieri sulla Stampa ha ricordato che «persino l'icona trans Caitlyn Jenner, patrigno di Kim Kardashian in lizza per il governo della California, ha detto da ex campione olimpico di decathlon che le pare sleale che le trans gareggino con le donne». Citando le parole profetiche pronunciate nel 1984 da Ivan Illich, padre dell'ecologismo europeo: «La scomparsa del genere che degrada le donne più ancora degli uomini» in cambio di un «neutrum oeconomicum, un soggetto fluido, flessibile, fungibile».

Un soggetto senza identità e senza radici che fa gola al crescente capitalismo gender fluid di cui Fedez è il massimo profeta.

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