"Devo fare il pieno...". Così il tassista ha fatto arrestare il fuggitivo di Pescara

La telefonata con la polizia e poi il viaggio di tre ore con Pecorale, l'uomo che ha sparato a sangue freddo in un ristobar di Pescara

"Devo fare il pieno...". Così il tassista ha fatto arrestare il fuggitivo di Pescara

Se non fosse stato per lui, se non fosse stato per il suo sangue freddo, probabilmente l'operazione di polizia che ha portato all'arresto di Federico Pecorale, l'uomo che, domenica pomeriggio, ha sparato diversi colpi di pistola in un ristobar del centro di Pescara, non sarebbe andata così bene. Lui è Vincenzo, il tassista, un uomo di 67 anni, che domenica ha caricato il fuggitivo qualche ora dopo la sparatoria. "Durante quelle tre ore è stato come se il sedile del mio taxi fosse fatto di spilli", ha dichiarato il tassista.

Così ha detto Vincenzo, un ex finanziere congedatosi di recente dalle Fiamme gialle con il grado di brigadiere, al Corriere della sera. Solo da 6 mesi è operativo come tassista: "In qualche modo la divisa te la porti sempre dentro, anche se da pensionato. E forse grazie al mio passato quarantennale nelle forze dell'ordine sono riuscito a restare freddo". Guidare sapendo di avere con sé a bordo un fuggitivo, per altro armato di pistola, che non è fatto scrupoli a sparare a un uomo di spalle solo perché stava tardando nella cottura degli arrosticini, non dev'essere stato semplice per Vincenzo.

Federico Pastorale ora si trova in carcere: il suo obiettivo era di raggiungere la Svizzera, dove vive da 10 anni, per questo motivo ha chiamato Vincenzo e con lui si stava dirigendo verso nord, lungo l'autostrada A14, prima di essere fermato dai carabinieri in un'area di servizio. Non era la prima volta che il tassista incontrava Federico, che nell'ultima settimana ha utilizzato il servizio taxi in diverse occasioni per coprire la tratta da Gessi a Pescara e viceversa. E anche domenica è accaduto lo stesso: "Mi ha chiamato verso le 15, un'ora dopo quella roba folle di cui ero ignaro. Abbiamo concordato un appuntamento alle 20".

Quel giorno non sarebbe tornato a Gessi ma ha chiesto a Vincenzo di portarlo in Svizzera. Una corsa che, come sottolineato dal tassista, gli sarebbe costata un bel po' di soldi: "Ho fatto i conti, fissando il prezzo sui 1.500 euro; lui mi ha mostrato un rotolo di contanti che però non mi ha dato. Poi siamo partiti". Alle 21, Vincenzo è stato raggiunto dalla prima chiamata delle forze dell'ordine e a quel punto Pecorale deve aver intuito qualcosa: "Dallo specchietto ho visto che a un tratto ha cominciato ad agitarsi, il suo respiro era sempre più affannoso. Non era più tranquillo".

Il suo passato nelle forze dell'ordine ha avuto un ruolo fondamentale in questa vicenda. La polizia ha suggerito a Vincenzo di fingere di dover fare rifornimento, visto il viaggio lungo, utilizzando quella come scusa per fermare l'auto e permettere agli agenti di intervenire per arrestarlo. Così ha fatto il tassista, che ha deviato verso la stazione di servizio di Metauro: "Sono uscito dal taxi facendo finta di iniziare il rifornimento ma in realtà bloccando Pecorale nell'abitacolo con la chiave automatica. Un istante dopo sono piombati gli agenti. Posso dirlo? Ma che bravi, che professionalità! Non era facile".

Ora l'avvocato di Federico Pecorale punta a far riconoscere al suo assistito le attenuanti per patologie psichiatriche, di cui soffrirebbe dopo una presunta caduta in moto di molti anni fa: "Sto contattando il servizio sanitario svizzero per farmi mandare i documenti perché il mio assistito ha comunque una problematica psichiatrica". Ma gli inquirenti non sono particolarmente sicuri che dietro questo gesto si nasconda un'infermità mentale, soprattutto perché la sua fuga è stata molto lucida.

Intanto, il giovane 23enne che è stato colpito dai proiettili sparati da Pecorale lotta tra la vita e la morte in ospedale. Si trova ricoverato in rianimazione e in queste ore i medici dovranno valutare se, nel caso si riprenda, possa aver subito danni permanenti alla colonna vertebrale.

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