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Quella devozione di Salvini per la Madonna dei miracoli

Quella devozione di Salvini per la Madonna dei miracoli

Che i rapporti tra Matteo Salvini, la fede e la Chiesa non siano facili e lineari non è un mistero. Lo era invece il fatto che il segretario della Lega, dopo le tante critiche per le esibizioni del Vangelo, del rosario, delle statuine della Madonna di Medjugorje, delle immagini del Cuore immacolato di Maria, del Tau francescano a torso nudo al Papeete, portasse sotto la camicia l'ultimo dono ricevuto in Umbria: la medaglia miracolosa, uno degli oggetti più diffusi ed esibiti nel mondo cattolico.

«È il regalo di alcune monache», dice oggi Matteo Salvini. E fa sapere che, accanto alla medaglia, porta ancora il Tau francescano. «Pace» è il saluto che i figli spirituali del Poverello di Assisi rivolgono a coloro che incontrano. E san Francesco è uno dei padri del dialogo con ogni uomo: si festeggia proprio quest'anno l'ottocentesimo anniversario dell'incontro del fraticello con il sultano d'Egitto Al-Malik Al-Kamil. Nel 1219, mentre continuavano le Crociate, Francesco riuscì a incontrare il «nemico», a predicargli Cristo e a tornare indietro vivo, vegeto e ancora più assetato di vita evangelica.

È stato Bruno Vespa uno dei primissimi a vedere sul petto di Salvini la medaglietta con la Madonna che diffonde i suoi raggi dalle mani. «Sono il simbolo delle grazie che mi chiedono», spiegò santa Caterina Labouré, raccontando come la Madonna, nel 1830, apparendole nel convento di rue du Bac, a Parigi, le avesse chiesto di fare coniare una medaglia. Si era nel pieno dei moti del 1830 e 1831, periodo di persecuzioni per la Chiesa e soprattutto per i consacrati.

Prima della sfida tv di Salvini con Matteo Renzi, il 16 ottobre scorso, il leader della Lega ha mostrato a Vespa la medaglietta. Poi, durante uno dei numerosi cambi di camicia, ad alcuni presenti interessati a comprendere il suo rapporto con la fede, Salvini ha spiegato: «Da quando la indosso, mi sento più forte».

Una delle principali critiche mosse da una parte della gerarchia e del mondo cattolico (e non solo) a Salvini è di vivere la politica in contraddizione con il Vangelo e con la dottrina della Chiesa. E dopo l'apertura del cardinale Camillo Ruini, che ha definito «doveroso» il dialogo con Salvini e con la Lega, la divergenza di opinioni nella Chiesa sui rapporti con la Lega si è fatta se possibile più acuta, come dimostra lo scontro ad alzo zero sui militari italiani caduti in Irak tra Salvini e padre Alex Zanotelli, missionario comboniano estremista del pacifismo.

A ben vedere, anche se la benedizione di Ruini è stata la più rumorosa, aperture al dialogo con Salvini, pur nel dissenso, erano arrivate dai luoghi più inattesi. Come da don Gino Rigoldi, storico cappellano del carcere minorile Beccaria di Milano, prete di strada che ha detto di sé: «Non sono un buonista, il mio modello è Gesù che rovesciava i tavoli». Don Gino ha accolto Salvini predicando il dialogo con tutti. «Dice cose che non mi piacciono neanche un po' ma io insisto: parliamoci» perché «il muro contro muro provoca scintille». Salvini e don Rigoldi si conoscono dai tempi in cui il futuro leader della Lega frequentava il liceo Manzoni. Parlare non vuole dire condividere e, insieme alle tante, reiterate critiche, don Rigoldi gli aveva anche regalato una maglietta: «Dio esiste ma non sei tu. Rilassati».

Tra coloro che hanno sempre tenuto i contatti aperti don Aldo Bonaiuto, dell'associazione Comunità Papa Giovanni XXIII. Durante una delle infinite crisi dei migranti, con una nave ferma al largo piena di disperati, riuscì a trattare con l'allora ministro dell'Interno grazie a quel dialogo. Non tutti sono d'accordo, anzi, soprattutto quando i toni di Salvini si accendono e gli scontri diventano aspri.

Ma è un fatto che il dialogo tra la Chiesa e la Lega proceda, sia pur in un percorso a ostacoli, tra conventi e monasteri, ma anche sulle strade delle diocesi e del Vaticano.

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