Possiamo comprendere le intenzioni - più che buone, buoniste - che hanno spinto gli organizzatori dell'annuale rievocazione storica di Orléans a scegliere, nel ruolo di Giovanna d'Arco, una ragazza mulatta, originaria del Benin. Volevano compiere un passo ulteriore verso l'integrazione, il multiculturalismo, l'annullamento di ogni differenza di pelle e di religione... Ma hanno ottenuto, inevitabilmente, l'effetto contrario. Ossia reazioni razziste, polemiche, rivendicazioni identitarie, un rafforzamento, semmai, delle differenze di cultura, religione, nazionalità. La provocazione, temiamo, non è quella di coloro che - secondo i magistrati - hanno incitato, sui social, «alla discriminazione e all'odio razziale». La vera provocazione, non sappiamo quanto incosciente, è stata quella di scegliere una ragazza di colore per interpretare l'eroina che nella guerra dei cent'anni guidò le armate del regno di Francia alla vittoria contro gli inglesi. Giovanna d'Arco, insegna la Storia, era contadina, bianca, cristiana, francese. Può piacere o meno, ma così era. E rimane. Tra la diafana Ingrid Bergman del film «classico» di Victor Fleming e l'ucraina Milla Jovovich in quello un po' fracassone di Luc Besson, è legittimo sperare una rispettosa via di mezzo. Così come tra il buonismo ipocrita e le esigenze dello spettacolo. «Il mondo è cambiato», dicono gli antirazzisti in servizio permanente effettivo contro l'indignazione dei nazionalisti duri e puri. Vero (e infatti nessuno impedirebbe a una ragazza del Benin di partecipare a Miss Francia, oggi, nel 2018). Ma la Storia no.
Oggi si celebra ciò che accadde, esattamente, o almeno, verosimilmente, nel 1429, quando Giovanna d'Arco vinse ad Orléans. Come si intuisce, è una questione di filologia. Non di ideologia. Rifiutare una pulzella di colore non significa tornare indietro al medioevo. Vuol dire semplicemente raccontarlo nel modo giusto.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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